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Napoli, alla ricerca dei partiti perduti

Opinionista: 

Le Amministrative sono, ormai, lo specchio distorto del Paese. Assolutamente diversi i contenuti delle campagne elettorali, assolutamente diversi gli slogan e le parole d’ordine. Succede così che mentre a Milano ci si confronta sui contenuti, a Roma è un confuso agitare di sciabole tutto incentrato sui fallimenti del passato, mentre a Napoli l’onda populista e meridionalista sembra il grimaldello per (ri)salire a Palazzo San Giacomo. In effetti, Luigi de Magistris intelligentemente gioca l’unica carta che ha realmente a disposizione. Stendere un anonimo velo sui suoi cinque anni di sindacato, chiamare pesantemente in causa i limiti dei governi nazionali e vellicare quell’antirenzismo che, in modo strisciante, si manifesta chiaramente sul territorio nazionale. Aprendo, sin d’ora, maliziosamente, quella battaglia referendaria che rischia di rappresentare il vero, futuro spartiacque della politica italiana. Ma c’è un interrogativo sottile sospeso sulle amministrative napoletane. La città vive, ormai, di problemi profondi, strutturalmente complessi. Molte delle sue migliori energie sono emigrate altrove, si percepisce in giro un senso di inconsapevole rassegnazione. In questo contesto, anche i partiti sembrano offrire una partecipazione morbida e confusa. C’è davvero la voglia di vincere a Napoli? Il Pd vive ancora le inquietudini delle sue primarie con un candidato che ritrova quotidianamente sui social l’ ostilità di Antonio Bassolino e del suo ampio entourage. E non si capisce se la temeraria alleanza con Verdini e l’Ncd, con tutte le polemiche che l’ accompagnano, possa portare più consensi o più problemi. Il centrodestra, nel frattempo, ha riverniciato Lettieri, dopo cinque anni, e, sicuro di non farcela da solo, tenta l’operazione acrobatica di intercettare i voti in uscita dal Pd. Si ha chiara la sensazione di un candidato che appare certamente, al momento, più visibile rispetto ai partiti che lo sorreggono. Un dato che, comunque, al momento non basta. Gli stessi 5Stelle, alla prevedibile competitività di un Luigi Di Maio o di un Roberto Fico hanno preferito l’anonimato di Matteo Brambilla, capace fin che si vuole ma assolutamente sconosciuto sulle sponde di Partenope. Insomma, dove sono i grandi partiti? Cos’è questa disaffezione verso Napoli? Si ha davvero il timore di governare una città di questo tipo? Davanti a de Magistris, paradossalmente, si apre un’ autostrada. Più per i limiti altrui che per i meriti propri. E mentre la Federico II indica in Napoli la metropoli più violenta d’ Italia, mentre la camorra continua a uccidere, nessuno pensa che soffiare il fuoco contro il Governo può solo accrescere oggi l’ isolamento della città, limitando in prospettiva i rapporti, il dialogo, gli stessi fondi. Ma la protesta, da queste parti, è stata sempre una bandiera, un punto d’orgoglio, uno stile. Agitata al vento delle proprie quotidiane, banali inquietudini.