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Napoli da città del libro a cittadella della musica

Opinionista: 

Gentile Direttore, anche quest’anno i coraggiosi editori Diego Guida, Alessandro Polidoro e Rosario Bianco sono riusciti ad organizzare la II edizione di “Napoli città del libro-Salone del libro e dell’editoria”. Come si sa l’evento si è svolto nella meravigliosa cornice di Castel Sant’Elmo, mentre la prima edizione si svolse nell’altrettanto splendida cornice della Basilica di San Domenico Maggiore. Un grande evento, che ha ospitato autori internazionali, nazionali e campani con partner d’eccezione quali il Polo Museale della Campania e il Mibact. Sono giunti 168 editori da tutta Italia, anche con grandi nomi, come Mondadori, Garzanti e personaggi come La Capria, Arbore e persino il ministro della cultura Bonisoli. L’evento è stato arricchito da 80 appuntamenti, con incontri in sale attrezzate, tra scolaresche ed altri ospiti e gli stessi autori, letture teatralizzate, esibizioni canore e tanto altro ancora. Uno sforzo organizzativo immane, come giustamente ha rilevato l’editore Guida, considerando che la mostra si è dovuta “adattare” in un luogo meraviglioso per la sua esposizione, ma costruito all’epoca per ben altri fini. Il freddo serale del posto, la difficoltà di un collegamento wi-fi sono state le osservazioni fatte da alcuni espositori, tutti contenti, però, dell’iniziativa. Ed è proprio da questo rilievo che vorrei fare un’osservazione: Napoli, un tempo capitale europea della cultura, tanto che era una “tappa obbligata” per gli intellettuali, musicisti, scrittori, poeti, cantanti, filosofi, letterati in genere, visitarla (alcuni vi rimasero fino alla morte, come il grande Leopardi ), oggi non ha una sede fissa per “riprendere” quel filone, che l’ha resa famosa in tutto il mondo. Manca una “cittadella della musica”, esistente in tantissimi altri luoghi; una struttura che possa funzionalmente accogliere questo tipo di manifestazioni che per fortuna hanno ancora coraggiosi imprenditori disposti ad accollarsi ingenti spese e a mettere a disposizione della collettività, soprattutto giovani, lo strumento più formidabile contro il degrado morale e materiale: la lettura di un buon libro o un buon classico, per arricchire non solo la propria cultura, ma anche come deterrente ad un cattivo stile di vita, che porta inesorabilmente all’anarchia, se non alla violenza. Nella mia visita a Castel Sant’Elmo, dove l’editore ed intellettuale Diego Guida era presente dappertutto, ho visto centinaia di studenti interessati ai libri ed agli stessi convegni: sono il futuro della nostra società: cerchiamo di dargli buoni esempi; ne hanno bisogno. E pensare che sulla nostra terra c’è la tomba di Virgilio a Piedigrotta; e lo stesso Virgilio definiva Napoli meraviglioso “locus amoenus”, una perenne primavera, di cui subito si innamorò, tanto da richiedere egli stesso di essere seppellito a Napoli. Francesco Petrarca nel 1341 completò proprio a Napoli la sua laurea, onorandola come “patria della Cultura”. Lo stesso Boccaccio iniziò la sua passione per la letteratura (e per la sua amata Fiammetta) a Napoli. Di Giacomo Leopardi c’è poco da aggiungere, perché credo sia noto a tutti l’amore che egli ebbe per Napoli, con il suo compagno Antonio Ranieri, tanto da voler rimanere a Napoli per sempre con la sua sepoltura. Ed ancora Oscar Wilde, che parlò di Napoli come “tregua dagli affanni”. Gabriele D’Annunzio che visse a Napoli per più di due anni e, ispirandosi alla bellezza mediterranea delle nostre donne scrisse la famosa canzone “a vucchella”, musicata da Francesco Paolo Tosti, e lanciata in tutto il mondo da Enrico Caruso. Senza dilungarmi molto (la lista degli intellettuali a Napoli sarebbe molto corposa) mi piace ricordare Johann Wolfgang Goethe (uno dei più grandi, se non il più grande scrittore dell’ottocento) che scrisse di Napoli: “Napoli è un Paradiso, in cui tutti vivono in una specie di ebbrezza e di oblio di se stessi”. A Napoli, quindi, i tre bravi editori hanno dovuto scegliere due sedi nei due anni da cui è nata questa iniziativa, ed una terza sembra essere la nuova location per il 2020. A Torino, tanto per fare un paragone, è da 32 anni che c’è una fiera di tal genere, e la struttura che la ospita non è un “grattacapo” per gli organizzatori, perché v’è una sede già “dedicata” il “Salone del Lingotto Fiere”. Da noi, lo sforzo dei privati deve essere doppio o triplo, a cominciare dal trovare una sede dove allocare una buona iniziativa; altrove c’è già una struttura esistente, con tanto di organizzazione offerta dalle Istituzioni Pubbliche. Ma esiste più in Campania l’interesse delle istituzioni per la cultura? Basti pensare allo storico, ed unico al mondo, Teatro San Carlo, che è in difficoltà economiche, per il continuo litigio tra Regione e Comune e perché una Istituzione commerciale non dà più il contributo.