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Non basta l’Esercito per la “terza” camorra

Opinionista: 

Il ministro dell’Interno, Alfano, ha ragione. Bisogna far zittire le pistole. Ma come? Mandando a Napoli i militari con più carabinieri e agenti di polizia? Non c’è, negli ultimi vent’anni, ministro dell’Interno che, di fronte a una spaventosa recrudescenza del fenomeno criminale, non abbia pensato che questa era la soluzione migliore. Impazza adesso la “terza camorra” - più sanguinaria, se non stragista - delle precedenti, e allora si pensa nuovamente di ricorrere ai “metodi estremi”. Ma le esperienze fin qui fatte, hanno insegnato qualcosa? Non siamo, per caso, al già visto e al già vissuto? *** Allarme al livello più alto. L’analisi “quantitativa” è impietosa. In Italia i delitti diminuiscono e la capacità distruttiva della malavita è al minimo storico. A Napoli e in Campania (ma vale per tutto il Sud) assolutamente no. Col nuovo anno, sotto il Vesuvio già dieci omicidi in un mese, tre in un solo giorno. L’egemonia nelle piazze dello spaccio viene esercitata con efferata spietatezza. Un primo dato “ragionieristico”: 110 clan con oltre 5mila affiliati. Prima domanda: se nel Centro-Nord le cose vanno un po’ meglio, è solo perché ci sono più soldati, più carabinieri e più agenti di polizia? *** Inversione dei ruoli. Se bastasse la moltiplicazione delle divise militari, perché non sostituire i nostri ministri con tanti generali, prefetti e questori? È difficile pensare che si zittiscono le pistole della malavita impugnando altre pistole. Certo, un effetto-deterrenza non mancherebbe, ma probabilmente sarebbe momentaneo e quindi illusorio con la “controparte” che potrebbe perfino “cantare vittoria”. E poi non è stato mai il metodo migliore, quando si tratta di problemi drammatici, quello di intervenire a valle e non a monte. *** Malessere che viene da lontano. Per troppo tempo si è discusso su come si formano le nuove generazioni, senza trovare mai le giuste vie d’uscita. Ora si vedono in giro baby-boss e babygang. Da quanti anni si pensa di abbassare a 14 anni l’età imputabile? Si dice che troppe famiglie sono complici. Perché allora non agire sui genitori costringendoli a frequentare scuole serali di recupero? A Napoli i figli so’ piezze ‘e core, dice una certa retorica eduardiana. Se così fosse, bisognerebbe allora pensare che troppi genitori sono pezzi di merda. *** Fenomeno trasversale. Una certa (superata e anacronistica) sociologia attribuiva i fenomeni malavitosi alle classi meno abbienti e più disagiate. Il tempo ha fatto giustizia. Le piazze della droga e le “stese” si organizzano dovunque. La ferocia delinquenziale è diffusa in tutti i quartieri e in tutte le “quattro Napoli” che compongono la città. La movida del sabato sera non è più un’esclusiva di nessuno. Tutti simili qualunque sia la condizione sociale. Accomunano, nel peggio, anche il degrado e la oggettiva dequalificazione degli studi. *** Risalire alle cause. Quello che avviene a valle lo abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni a cominciare dalla frammentazione anarcoide dei gruppi. Non sappiamo, invece, cosa si pensa a monte, ai vertici dello Stato e come si intende agire. Certo: meglio il rischio della città militarizzata che vedere strade insanguinate da raid, regolamenti di conti, vendette punitive o tragici avvertimenti. Ma ora serve una vera terapia d’urto. Non bastano mille arresti, ammonisce Raffaele Cantone dall’alto dell’Anticorruzione. La via d’uscita è quella di un progetto straordinario di sviluppo che ridia fiato e qualità di vita a un territorio per troppo tempo “governato” dall’anti-Stato. Riforme, investimenti, lavoro e servizi, ma per prima cosa colpi impietosi agli ambienti corrotti della politica che distruggono quotidianamente una quantità spaventosa di risorse pubbliche.