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Non c’è più l’immunità parlamentare di anni fa

Opinionista: 

I padri costituenti (Dossetti, Moro, Togliatti, Amendola, Piccioni, Fanfani, Di Vittorio, Terracini, Calamandrei, La Pira, Leone, Di Vittorio, Mortati, Iotti, Bozzi e altri sessanta tra deputati e senatori) ritennero necessario inserire nella Costituzione l’articolo 68 perché i parlamentari avessero una assoluta tutela non solamente nei confronti di tutti gli altri poteri dello Stato ma specialmente nei confronti della Magistratura. Vi fu stabilito che “senza l’autorizzazione delle Camere i parlamentari non possono essere inquisiti e processati, né essere arrestati ”. E per quarantaquattro anni nessuno si è mai sognato di denunciare che questa tutela fosse in contrasto con l’articolo 3 sulla parità dei diritti e dei doveri dei cittadini. Fino agli anni 90. Fu infatti nel clima forcaiolo e giustizialista di Mani Pulite che ci si accorse improvvisamente che questa immunità parlamentare era “una vergogna da cancellare” e che era,sopra tutto, era un ostacolo alla “azione moralizzatrice della vita politica del Paese”, che una parte della magistratura milanese si era assunta con l’appoggio del Pci e sull’onda di un crescente consenso di un’opinione pubblica che manifestava davanti ai palazzi di Giustizia di tutt’Italia. Inducendo i vari Borrelli, Colombo, Davigo e Di Pietro ad attribuirsi il compito di “dover rivoltare questo Paese come un calzino”. E per farlo pretesero e ottennero che il Parlamento terrorizzato e pavido di quegli anni emanasse la legge costituzionale n°3 del 29 ottobre 1993 che, nel confermare alcune garanzie come l’arresto cautelare, ha cancellato la preventiva autorizzazione del Parlamento a inquisire e processare deputati, senatori ministri e presidenti del Consiglio. Basta ricordare i tanti processi (troppi per escludere un “accanimento giudiziario”, come lo definì l’ex presidente Francesco Cossiga) al premier e al deputato Silvio Berlusconi senza alcuna autorizzazione del Parlamento. Perciò mi riesce difficile capire perché la richiesta dei Pm di Catania di processare il ministro Matteo Salvini per avere impedito nell’agosto dell’anno scorso lo sbarco dei migranti dalla nave costiera italiana “Diciotti” è stata sottoposta alla preventiva autorizzazione del Senato. Di più e di peggio. Per evitare una crisi di governo qualora i senatori pentastellati avessero votato a favore della richiesta, ricordando il loro principio secondo cui i parlamentari si devono “difendere nei processi e non dai processi”, il capo politico del M5S Luigi Di Maio ha sottoposto un quesito volutamente complicato (votare Sì avrebbe significato No e votare No avrebbe significo Sì) agli iscritti al Movimento, la cosiddetta piattaforma Rousseau considerata una forma di democrazia diretta in cui gli iscritti esprimono “liberamente” le proprie opinioni. È accaduto che su circa 100mila iscritti hanno votato circa 50mila dividendosi tra circa 30mila contrari al processo e circa 20mila a favore. Una votazione senza alcun controllo, facilmente modificabile, che il capo politico assume come una sorta di oracolo che obbligherà i senatori pentastellati a votare contro il processo a Matteo Salvini. Salvando così un ministro da un processo per “sequestro di persona” e sottraendolo ai giudici con scuse tipo il reato "politico nell’interesse dello Stato". E pensare che Matteo Salvini aveva sempre detto che non aveva bisogno di alcuna protezione e che avrebbe accettato di essere processato forte del suo comportamento “in difesa degli interessi dello Stato”. Viene da chiedersi se questa pagliacciata grillina, appoggiata non solamente dalla Lega ma anche dalle opposizioni, è in contrasto oppure no con la legge n°3 del 29 ottobre 1993. Ci penseranno i magistrati a fare chiarezza. Perché sanno che l’unica immunità parlamentare è quella europea, secondo la quale, in applicazione del Protocollo di Bruxelles dell’8 aprile 1965, non possono essere intraprese azioni giudiziarie ed eventuali limitazioni della libertà personale nei confronti degli eurodeputati senza l’autorizzazione del Parlamento di Strasburgo.