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Offese ai meridionali, un terremoto di pernacchie

Opinionista: 

Dio mio, che guaio! Tempo di guerra tra Nord e Sud e di polemiche, di minacce di querele, di sete di sangue e di vendetta! Le parole offensive di un giornalista settentrionale, che gode a fare scandalo, aggravate dal comportamento di un altro giornalista, altrettanto settentrionale, hanno scatenato un coro di motivate e giustificate proteste. La domanda che ci si pone è: come reagire? Un suggerimento può venire da un articolo sul “Mattino” di tanti anni fa, dell’aprile del 1969, di Antonio Guarino. Antonio Guarino, luminare di Diritto della Federico II, teneva sul quotidiano una seguitissima rubrica, “Diritto e Rovescio” nella quale affrontava temi di diritto collegandoli a fatti di cronaca. E lo faceva non solo con competenza, ma anche con spirito, ironia e arguzia, e con una prosa brillante e accattivante. Nell’aprile del 1969 affrontò un fatto di cronaca sportiva che aveva destato scandalo. Tra l’altro il professore era tifosissimo del Napoli. Lo scandalo riguardava una partita Palermo-Napoli e il suscitatore dello scandalo era nientemeno che Josè Altafini. “In quella disgraziata partita - scriveva Guarino - Altafini segnò, ad un certo punto, su calcio di rigore. Ebbro di legittimo orgoglio, il grande Josè si rivolse al pubblico delle tribune agitando trionfalmente il braccio destro con il pugno chiuso”. E continuava, spiegando: “Si usa in Brasile, si usa in tante altre pari del mondo. Ma tra il pubblico vi erano alcuni cui quel gesto, forse anche perché coincideva con le sfortune della squadra del cuore, non parve né amichevole, né bello. La Sicilia, si sa, è stata culla della civiltà greca e romana. L’atto parve dunque, ai tifosi del Palermo, una ripetizione del noto gesto di Priapo: il gesto allusivo all’antico dio della fecondazione ed sue smisurate efficienze”. Questo dunque il fatto: gol di Altafini, gesto allegramente fallico nei confronti del pubblico, offese, proteste, minacce di querela. “Sta di fatto – commentava Guarino. che, per quella manifestazione di gioviale esultanza, Josè si è visto piovere sul capo denunce e querele”. Due delitti gravi, di fatto, gli si imputavano, quello di atti osceni in luogo pubblico (articolo 527 del codice penale) e quello di ingiurie (articolo 594 del codice penale). Guarino commentava il fatto, le scuse di uno stupefatto Altafini, l’indignazione dei benpensanti, le prospettive del giocatore colpevole di tanta offesa, le punizioni, le possibili condanne, cose che il professore riteneva eccessive: “Non è il tempo, non è il luogo, non è il caso.” E poi aggiungeva una riflessione: “Venite a Napoli a vedere come si reagisce”. E ricorda un episodio, appena un po’ lontano nel tempo, del quale era stato protagonista il giocatore Benito Lorenzi, il famosissimo “Veleno”, che militava nell’Inter, calciatore di grande abilità e dal carattere vivacissimo e un po’intemperante. “Ricordo anni fa - scriveva con il suo solito spirito Antonio Guarino - un episodio che ebbe a protagonista quell’insuperabile eccitatore di sentimenti che era Benito Lorenzi, detto “Veleno”. Lorenzi fece un gol capolavoro infilando la rete del Napoli, poi si rivolse al pubblico e si produsse anch’egli in un plastico gesto priapeo, davvero un gesto da manuale. Il rombo delle cinquantamila pernacchie cui “Veleno” fu ripagato fece vibrare gli aghi dell’osservatorio geofisico. I dotti di quell’istituto ancora oggi discutono sulla localizzazione dell’epicentro”. E torna alla mente un racconto dell’Oro di Napoli di Marotta, reso celebre da un’indimenticabile interpretazione di Eduardo dell’omonimo film, col consiglio di annientare il prepotente di turno, con una azione incruenta ma più devastante: una corale pernacchia ben fatta. Ecco allora che l’episodio ricordato da Antonio Guarino potrebbe risolvere l’offesa che è stata fatta al Sud in maniera sportiva e incruenta, ma incancellabile: un terremoto di pernacchie.