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Parabole intellettuali tra politica e cultura

Opinionista: 

I rapporti tra politica e cultura si vanno trasformando, progressivamente, in un mistero buffo. Gli intellettuali (qualcuno, un giorno, mi spiegherà come si fa a divenire tali) non vivono più, ormai da anni, il loro impegnato isolamento ma vengono trascinati a parlare di tutto, sui giornali, nei talk-show, magari su temi di cui ne capiscono poco o niente. Anche loro, spinti dall’ansia di una qualsiasi visibilità, provano ad assumere un ruolo, a ribadire tesi, a indicare soluzioni. Franco Fortini, una delle personalità più interessanti del nostro Novecento, parlava di “ teatro tribunizio di cartapesta “. E non sbagliava. Soprattutto alla luce di quanto si registra oggi, dove una piccola borghesia italica viene quotidianamente colpevolizzata per i suoi piccoli privilegi, magari conseguiti con enorme spirito di sacrificio, dando spazio alle rivendicazioni, alle polemiche, ai settarismi di ceti più poveri. Mentre forze partitiche, prive di seri percorsi di governo, si rifugiano ogni settimana nel sottoscala della politica, provando ad ibernare i propri voti con offerte speciali, con gli effetti luminosi di un reddito di cittadinanza che, più che promettere lavoro, indica la strada di un perenne, banale assistenzialismo che aiuti, in qualche modo, a superare i prossimi test elettorali. Lo stesso assistenzialismo, attenzione, ferocemente criticato pochi anni prima, ai tempi dell’ opposizione. Ma recuperiamo il nodo della nostra discussione. Se non sono gli intellettuali, con tutti i loro limiti, a dover “leggere” la cronaca, chi deve farlo? Un giornalismo eternamente schiavo del sistema, diviso in “bande politiche” più o meno credibili? I tecnici che osservano la realtà con la lente d’ingrandimento dei loro interessi, provando, come le banche, ad orientare le scelte della gente? Probabilmente, niente di tutto questo. Perché il popolo si affida sempre di più alla pizza pronta del web, al titolo recuperato sul cellulare. Scarne informazioni liofilizzate, spesso farlocche che provano mutare, o, magari, ad accompagnare le tesi della gente. Tralasciando sempre più le avventurose interpretazioni che emergono nei dibattiti radiotelevisivi. Mentre altre figure si affacciano nel vecchio tubo catodico. I protagonisti del risentimento, gli apostoli della critica quotidiana compaiono, ormai, quotidianamente ad animare i nostri programmi, sostituendo il ruolo di opinionisti a quello di polemisti. Professionisti della critica, dell’odio più o meno culturale, più o meno razziale, più o meno europeista, dando sfogo alle loro traiettorie velenose, in un allegro Barnum che vive di una eterna par-condicio che ha, ormai superato ogni confine elettorale, rincuorando reti e conduttori.