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Partecipazione e “sottobosco”

Opinionista: 

Ora che si è rapidamente avviata l’inchiesta, in cui sono coinvolti il governatore Vincenzo De Luca, il suo capo staff (ex dopo la tempestiva rimozione) un’importante figura di giudice, un gruppo di discutibili personaggi, alcuni anche professionisti, in attesa che la magistratura faccia chiarezza, nel più breve tempo possibile, per il bene delle istituzioni e della collettività, su inquietanti sospetti di corruzione, si impone una profonda riflessione. Sperabilmente pacata che investa tutte le componenti politiche, stando molto attenti a non cadere nella demagogia e nelle rissose strumentalizzazioni. Non c’è più tempo da perdere, la politica non può essere al centro di delegittimazioni frequenti. Senza politica non c’è democrazia. Bisogna correre ai ripari. Più giorni passano e più abbiamo la conferma - anche da questa indagine - che il potere è ormai sempre più assediato da un torbido sottobosco, da praterie di millantatori, faccendieri, gente senza arte né parte pronti a giocarsi il tutto per tutto pur di avere la meglio su professionalità, competenze e moralità. Significativo a riguardo quel monito, giustamente apparso sulle prime pagine di tutti i giornali, detto da uno degli indagati nelle intercettazioni: «Io non farò il dirigente ma tu non farai il presidente della Regione». Un pronunciamento di inaudita spregiudicatezza. Ultimativo, ricattatorio, arrogante che pur di raggiungere ogni scopo non si ferma nemmeno di fronte a quell’elementare codice di tenere al riparo la famiglia da ogni coinvolgimento. Segno di uno sconfinamento senza remore per raggiungere uno scopo. Ai tempi dei “deprecati” partiti - di cui non abbiamo nostalgia ma che non furono poi il male assoluto né di essi era tutto da buttare - gli accessi a determinate cariche, alle varie nomine, per quanto spesso paralizzati da veti contrapposti, non ebbero mai percorsi imposti nel segno del peggiore e più turpe ricatto. Anche nelle lottizzazioni, già il fatto che nomine e decisioni dovessero passare l’esame degli organismi collegiali di partito, fu comunque un atto di trasparenza - discutibile quanto si vuole - comunque le scelte passarono sempre all’esame di direttivi ed esecutivi e non si risolsero soltanto nei faccia a faccia dei big di partiti ad ogni livello. Tutt’altra cosa rispetto alla cosiddetta trasparenza odierna, una parodia, fatta di incontri clandestini, di avanzate e promozioni inspiegabili, di gente che spunta, dalla sera alla mattina, su poltrone delicate attraverso trattative private e sospette. Si può forse affermare il contrario? La verità è che certi meccanismi o automatismi di nomine, approssimativi e di stagioni emergenziali, non reggono più in una società, in cui dietro la spinta della furia giustizialista, con l’acqua calda si è buttato anche il bambino, con la conseguenza di trasformare la democratica partecipazione in arrembaggio. Si varino nuove, severe e rigorose “regole di ingaggio”, così gli arrivisti in agguato capiranno che “non c’e più trippa per gatti”.