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Quando l’ordinario diventa ricchezza

Opinionista: 

Mai come stavolta i commenti, i dibattiti suscitati dalla tre giorni, diciamo pure dal “Grand tour” napoletano della maison Dolce & Gabbana, indipendentemente dai giudizi pro e contro, se sia stato un evento trash o di trascinamento globale, hanno giovato tanto alla città. Che finalmente si è riscoperta, senza truccarsi, in quella che in fondo è da sempre: nobile e lazzarona, aristocratica e plebea, composta e scamiciata, discreta e caciarone. Un contenitore di “ossimori”, di contraddizioni, per dirla con Claudio Velardi , “la sporta del tarallaro”, la quale, con il trash, può anche riservarci merce preziosa. Insomma qualcosa che fa dire che comunque sia andata, è stato un successo. Detto questo - da quanto si coglie in giro e si vorrebbe accreditare - far però discendere dall’evento un automatico e retorico convincimento che da adesso in avanti a Napoli sia tutto possibile, ce ne corre. Che all’improvviso si scopra o si voglia far credere che siano stati rimossi ostacoli atavici, colmati ritardi incalcolabili, non fa neanche onore al legittimo successo dell’evento. A riportarci con i piedi per terra e a richiamarci a un serio discorso di prospettiva non è un famoso opinion-maker è la opinione saggia, di buonsenso, di una comunissima cittadina, che, invitata a dire la sua a una emittente privata, sulla festa di “Dolce & Gabbana”, ha detto: «È sempre ’na cosa bbona pe’ Napole, i guai venono aroppo ». Sarebbe a dire che passata la festa, durante la quale si è stati di manica larga, anche indulgenti nell’accettare sacrifici per la eccezionalità della manifestazione, poi tutto rientra in quel “tran tran” non sufficientemente gestito e governato, causa di inerzia e di rassegnazione. Senza fare i conti sul rapporto “sacrifici- benefici” della kermesse, naturalmente all’attivo sul fronte dei benefici, impensabili alla vigilia, invece la grande lezione che deve venire a Napoli da questa felice circostanza è la consapevolezza che la ottimale, articolata gestione della “ordinarietà” da noi può diventare “ricchezza sistemica”, in attesa di quelle innovazioni competitive, ancora un miraggio. Se questa città, pur con tutti i suoi ritardi, le problematiche pregresse, riuscisse a concentrarsi sulla gestione corretta di questa sua endemica specificità, si potrebbero fare cose grandiose per la vivibilità di chi vi vive ma anche per quanti vengono per affari e per turismo. Il “Grand tour” di Dolce & Gabbana ha dimostrato che Napoli come location antropologica e scenario è ineguagliabile e riesce a esserlo al meglio a maggior ragione se gli investitori hanno idee chiare su come valorizzarla e promuoverla. Non dimentichiamo però di dire che quanto si è visto, oltre naturalmente che opera degli sponsor, è stato frutto di una “governance” istituzionale e imprenditoriale, ben compresa e assecondata dal comportamento di un popolo, che ha saputo distinguere la differenza sostanziale tra una festa di quartiere e un evento di portata globale.