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Quei dossier di Salvini che guardano al Nord

Opinionista: 

Non c'è mai fine al peggio. Dopo il risultato delle elezioni europee, la situazione, per il Sud, si è fatta più pesante. Per rendersene conto, basta riflettere, anche solo per un attimo, sui dossier che Matteo Salvini, dopo la vittoria ha detto di ritenere prioritari e per i quali pretende dai suoi alleati pentastellati il via libera alla realizzazione. Condizioni capestro sulle quali sembra deciso a giocarsi tutto. Anche a costo di arrivare alla rottura del contratto. Perché “La Lega è leale, ma le cose vanno fatte”. Il che tradotto dal politichese, significa che o i 5stelle si decidono a pronunciare il fatidico “si” a: Tav, grandi opere, sbloccacantieri, tassa piatta, autonomia, decreto sicurezza bis, immigrazione, giustizia, condono e appalti liberi o possono ritenere conclusa questa loro prima - e nel caso anche ultima - avventura di governo. E per un Di Maio, salvato dalla piattaforma Rousseau, ma indebolito dalle spaccature interne al M5s, quasi imposto dal leader leghista quale capo pentastellato da oggi in avanti, sarà più difficile contrastarlo. La verità è che, il Sud, il suo futuro e quello dei suoi figli, non sono certo fra i primi pensieri del seguace di Alberto da Giussano che - a dispetto del 23,4% dei voti che vi ha raccolto e indispensabili per aspirare alla premiership - anche se non lo dice più apertamente, nei fatti, resta sempre il leader del “prima il Nord”. Ciò, nonostante i tanti ottimati meridionali che si sono affrettati a salire sul “carro... ccio” del vincitore, onde segnargli la strada più veloce, per portare a compimento il più rapidamente possibile, il suo disegno di conquista. Ovviamente, per ottenerne in cambio – come, per altro, avvenuto tantissime volte, dal 1861 ad oggi - favori e benefit personali. Senza che nessuno di loro, si sia mai preoccupato più di tanto del destino del Mezzogiorno. Certo, i suaccennati dossier, non sono prerogativa del Centro-Nord. Anzi, possono interessare anche il Centro- Sud. Vien da chiedersi, però, quale vantaggio possa ricavare un territorio, come quello meridionale, che ha difficoltà di collegamento al proprio interno ed un servizio di trasporto pubblico locale da terzo mondo, dalla realizzazione dell'alta velocità Torino-Lione o - considerando che, alla fine del 2018, faceva segnare un livello occupazionale di appena il 34,7%, una disoccupazione generale al 18,4%, giovanile al 48,4% e femminile al 20,9%, - dall'introduzione dalla tassa piatta per professionisti e famiglie. E ancora, cosa se ne fa della cosiddetta “autonomia assimetrica o differenziata” - basata su fabbisogni standard legati alle attuali capacità fiscali del territorio, figlie del “nordismo” dei governi che si sono succeduti dal dopoguerra ad oggi, per cui alle regioni vengono attribuite le funzioni sulla base di costi storici, sicchè, chi ha potuto spendere di più ieri, potrà continuare a farlo anche domani - che i governatori di Lombardia, Veneto ed Emilia e Romagna, vogliono, la ministra delle autonomie, Stefani e lui stesso, intendono imporre? Assolutamente, niente, se non un'ulteriore penalizzazione. Ciò, non vuole dire essere contrari all'autonomia, ma preferire quella “simmetrica”, che mette tutti sullo stesso piano, stabilisce e tiene conto dei “livelli essenziali delle prestazioni” e consente al territorio di valorizzare le proprie peculiarità. E che davvero può cambiare, in meglio le cose. Anche per il Sud. Ne va dimenticato che il ritardo meridionale è conseguenza anche dell'insufficienza infrastrutturale che fa crescere i costi di produzione e, quindi, di vendita, dei prodotti finiti, rendendoli poco competitivi. C'è bisogno, quindi, di investimenti per nuove infrastrutture. Nel frattempo, per aiutare le imprese a coprire tale surplus di costi, sarebbe utile l'istituzione di una fiscalità di compensazione. Solo così il Sud può crescere. Come mai, questo non c'è fra le priorità salviniane?