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Un “karaoke” noioso sul voto regionale

Opinionista: 

Da quando, con la fine ingloriosa dei partiti, la politica ha perso credibilità, toccando l’indice massimo di “sgradimento”, non v’è stato giorno in cui,non si sia sentito in giro, ad ogni livello, insieme con la esecrazione per quanto accaduto, l’auspicio di doverne recuperare il nobile spirito di servizio per una seria ricostruzione del Paese. Alla prova dei fatti, però, tutto ciò è rimasto un esercizio inutile e retorico, mi verrebbe da dire, un esorcismo senza alcun edificante sbocco. Accanto alla doverosa, ineluttabile, sacrosanta questione morale, nel fare pulizia, dopo tanti sprechi e ruberie, è mancato purtroppo un bilanciamento edificante. È mancata una questione morale parallela, altrettanto importante: quella che consentisse al Paese di andare avanti, di non bloccarlo, mentre si faceva pulizia. Questo, per non penalizzare la maggioranza del Paese, larga parte, che non aveva alcuna colpa e tuttavia vitale bisogno di andare avanti senza effetti collaterali penalizzanti. Da “Dio salverà i suoi”. E così, un po’ per una giustizia lumaca, tra le più “titolate” del mondo, a causa di carenze pregresse, ataviche, moltissimo per strumentalizzazioni politiche a intermittenza, secondo le convenienze, siamo caduti in una guerra permanente tra giustizialisti e garantisti, causa di uno dei mali più insidiosi e devastanti: il fondamentalismo morale. Un tormentone che riemerge; e spesso determina mostriciattoli legislativi, complicando le cose più di quanto non lo siano già, come prova la contestata legge Severino su “candidabilità ed eleggibilità”, applicabile ai parlamentari al termine dei tre gradi di giudizio e agli amministratori locali, invece, subito, dopo il primo grado. Il massimo della discriminazione, che fa a pugni con i diritti fondamentali sanciti della Costituzione e il buonsenso comune. In un Paese normale per vicende del genere, anziché finire davanti alla Consulta - che, nella fattispecie dovrebbe, o meglio avrebbe dovuto, prevedere sedute ad oltranza - “murate” come il celebre conclave di Viterbo - fino cioè alla formulazione del verdetto definitivo - doveva essere il Parlamento a sanare incongruità così evidenti in forza di una sovranità, non declamata a parole ma esercitata nei fatti, senza pilatesche ipocrisie. Poiché la lingua batte dove il dente duole, oggi la Campania, a causa di questo “fondamentalismo moralista”, che carica giustizialisti e garantisti, ha paralizzato il Parlamento cosiddetto sovrano e il Paese sta andando al voto di maggio, verso un futuro da disegnare per la Regione, con un paradossale programma: un quotidiano “karaoke” sulla legge Severino. De Luca è candidabile per legge? Sì. Il resto si vedrà. Ora conta far sapere alla gente, in vista del voto di maggio che, da qui al 2020, chi saprà realizzare il programma operativo del fondo europeo per lo sviluppo regionale, che offre una griglia di opportunità, sarà il vero rifondatore della Regione Campania, dopo anni di sprechi e una legislatura “lacrime e sangue” per pagarli. Invece di intonare questo noioso “karaoke”, si chieda invece perché, ogni mese, siamo “scannati” da addizionali regionali e comunali crescenti.