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Un piano strategico per il Centro storico

Opinionista: 

Gli studiosi nazionali e internazionali (tra questi il Maestro Roberto Pane di cui sentiamo la mancanza nell’attuale temperie di grande confusione culturale) sostengono che i Centri storici sono costituiti non solamente dalle “pietre” ma anche dalle “persone”, con tutto il loro carico di problemi esistenziali. E che, conseguentemente, occorrono interventi progettuali di scala e di natura ben diversi da quelli del mero restauro filologico di alcuni monumenti. Più chiaramente, se, grazie a un intervento magico, tutti i palazzi, le chiese e i complessi conventuali di interesse storico e artistico fossero improvvisamente riportati al loro originario splendore dalla sera alla mattina, commetteremmo un errore madornale se ritenessimo di avere così risolta tutta la complessa problematica dei Centri storici. Vanno certamente attuati gli interventi tecnici volti al recupero dei monumenti, delle strade e delle piazze, ma, nel contempo, è necessario attuare gli interventi finalizzati alla “rivitalizzazione” del tessuto sociale, condizione essenziale perchè il processo di degrado non si riformi. E a tale scopo appare necessario puntare sulla creazione di un solido “apparato produttivo” compatibile con i valori ambientali e sulla realizzazione nel sottosuolo delle attrezzature urbane previsti dagli standards urbanistici (parcheggi, centri commerciali, cinema, palestre, servizi igienici - e non vespasiani artistici - allo scopo di garantire le condizioni per una civile convivenza e di migliorare la qualità della vita dei residenti). Nel contempo occorre riprendere il discorso sulla definizione del “ruolo” da assegnare al Centro storico, che non può essere solo quello di “monumento a porte aperte”. Anche se parte privilegiata della città in quanto sede delle testimonianze d’arte e di storia di maggiore interesse esso va considerato, non già come problema settoriale di conservazione e di restauro filologico, ma, al contrario, come parte caratterizzante l’intera città, da inserire, quindi, in un “piano strategico”. Sempre promesso ma mai elaborato. Per manifesta incapacità. Ciò nondimeno tutti i progetti di recupero del centro storico continuano a non tenerne conto. Il PIU (piano integrato urbano) del centro storico, varato nell’ottobre 2009 dall’amministrazione comunale del sindaco Rosa Russo Iervolino, si proponeva di utilizzare i 240 milioni di euro di fondi europei per il recupero dell’ex asilo Filangieri e dell’ex Ospedale militare, per la trasformazione dei “bassi” da abitazioni in sedi di attività produttive, la riqualificazione dell’ ospedale degli Incurabili e del teatro greco dell’Anticaglia, la demolizione del “mostro” di piazza Cavour, la costruzione della Casa della Letteratura a piazza Mercato ed altre operazioni commendevoli e, nel contempo, la sistemazione di strade e la creazione di parcheggi sotterranei e di aree pedonali. Ma la Regione Campania, che avrebbe dovuto approvarlo, l’ha messo in un cassetto, senza mai spiegarne le ragioni, ed ha elaborato un suo “Grande Progetto Centro Storico”, che prevede di spendere 100 milioni di euro per restaurare palazzi, chiese, complessi conventuali e di sistemare strade e piazze. Se n’è parlato in questi giorni per rassicurare che i lavori sono in corso e che tutto procede per il meglio. L’ assessore comunale Carmine Piscopo, cattedratico universitario, si è limitato a garantire che si procederà alla “fasizzazione” del progetto regionale, usando un neologismo di rara stravaganza. Vallo a capire. È invece convinzione largamente condivisa che i cento milioni di euro previsti andrebbero destinati prioritariamente a incentivare le attività produttive ecocompatibili (in primis, artigianato di qualità) e, nel contempo, alla redazione di un piano urbanistico esecutivo del centro antico (quello incluso nel 1995 nel patrimonio Unesco dell’umanità) sulla base delle indicazioni rogettiemerse dal dibattito culturale degli ultimi cinquant’anni Proposte come questa della Regione servono solo a sprecare risorse finanziarie. A nient’altro.