MODENA. Il teatro “Comunale Pavarotti Freni” di Modena, guidato con maestria, ormai sono tanti anni, da Aldo Sisillo, flautista un tempo ed ottimo direttore d’orchestra da decenni, napoletano autentico anzi vomerese, nel bel cartellone, forse il più interessante in Italia quest’anno, propone uno dopo l’altro titoli importanti, di rara esecuzione, difficili da allestirsi. Dopo il complesso “Mefistofele” di Boito, che mancava da tanto dai teatri italiani, omaggiato il repertorio con “Butterfly” ha proposto il bellissimo “Tannahauser” di Wagner (edizione di Dresda). La produzione era musicalmente eccellente, perfino commovente in maniera speciale per la superba prova del coro “Czech Philarmonic Choir  Brno” preparato da Petr Fiala: l’impresa ovviamente onerosa è stata realizzata saggiamente in coproduzione con la “Fondazione i teatri di Reggio Emilia” e con il  determinante apporto dell’”Opernfestspiele Heidenheim OH!”. L’orchestra era la “Toscanini” dell’Emilia Romagna meritevole di grandi lodi per come ha eseguito la difficile partitura, realizzando le giuste sonorità evocative di boschi etc.., tanto lontane dal gusto dell’opera italiana. Sul podio, guidando tutti con pacatezza e precisione e bel respiro narrativo perfettamente secondo la tradizione più solida, Marcus Bosch. Grande vantaggio per lui un cast di primissimo ordine con ben cinque grandi voci necessarie per i grandi cinque ruoli principali: fresca e possente nel canto drammatico e lirico(nei pochi passi necessari), sempre senza forzature, la voce di James Kee (nel ruolo del titolo  domenica 13 novembre), con  varietà di fraseggio molto apprezzabile nel secondo atto; magnifica voce aveva il baritono Birger Radde, con canto intenso severo, nobilissimo, anche lui bravissimo  senza forzare mai (culmine suo  ovviamente l’aria del terzo atto, di  rara profondità meditativa); eccellente del pari, e con insolita duttilità di fraseggio, pure se più baritonale del dovuto, la voce dell’elegante Tijl Favets, Landgraf (ruolo illuminato, per i più colti, da una citazione nel romanzo di Proust); spettacolare per potenza, colore, freschezza, omogeneità la voce di Leah Gordon, Elisabetta, protagonista  femminile; infine Anne Schuldt è stata un’autorevole e corrusca Venus, Meritatissimo il  trionfo a fine spettacolo che ha coinvolto tutti gli  altri interpreti dei molti altri ruoli. Brevi spesso ma difficili sempre. Questo spiega perché quest’opera in Italia venga purtroppo eseguita di rado: a Venezia 19997 e 2017 (vista da chi scrive) sicuramente, forse c’è stato almeno un altro allestimento negli anni. Riprovevole la regia di Georg Schmiedleitner, con gran squadrone di collaboratori, che ha realizzato una trasposizione volgare del pagano Venusberg in squallido motel etc.. cambiando per giunta il finale con Wolfram assassino e suicida. La purezza della musica di Redenzione, di esplicita ispirazione religiosa, di Wagner ha vinto su tutta la bruttura inutile voluta dal regista: “Tenebreae non prevalebunt”, precisamente.