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La scoperta degli scienziati italiani: «Blocca il Coronavirus e ne impedisce la diffusione»

La scoperta degli scienziati italiani: «Blocca il Coronavirus e ne impedisce la diffusione»

Un gruppo di ricerca internazionale guidato da scienziati italiani delle università Tor Vergata di Roma e Torino ha scoperto che l’indolo-3-carbinolo (I3C), un composto naturale derivato da piante come cavoli e broccoli, è in grado di bloccare il coronavirus SARS-CoV-2 nelle cellule umane impedendogli di uscire e diffondersi nel resto dell’organismo.

I test, al momento condotti solo in vitro, gettano le basi per potenziali farmaci in grado di ostacolare la replicazione virale e la trasmissione della COVID-19

Un composto naturale prodotto dalle piante Crucifere (Brassicaceae) è in grado di "intrappolare" il coronavirus SARS-CoV-2 all'interno delle cellule, ostacolando la replicazione e impedendo la diffusione nel resto dell'organismo.

In parole semplici, grazie a questo vero e proprio blocco – che colpisce gli enzimi responsabili della fuoriuscita virale, un meccanismo biologico chiamato "cell egression" – è possibile arrestare l'infezione e neutralizzare il patogeno.

I risultati sono stati ottenuti in laboratorio su cellule coltivate in provetta (test in vitro), tuttavia, poiché il composto naturale coinvolto è sicuro e viene già utilizzato per il trattamento di altre condizioni mediche, come la papillomatosi respiratoria ricorrente, gli autori della scoperta sono fiduciosi sul fatto che possa passare rapidamente alla fase clinica per poterne dimostrare le spiccate capacità antivirali anche nell'uomo.

La sostanza in grado di bloccare il Covid nelle cellule è l'indolo-3-carbinolo (I3C)

Deriva dalla degradazione di composti glucosidici presenti nella maggior parte delle piante Crucifere, come cavoli, broccoli, cavolfiori, cavoletti di Bruxelles e simili.

Crucifere, le piante che hanno portato alla scoperta italiana contro il Covid

A scoprire le sue proprietà contro il patogeno pandemico è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati italiani dell'Università di Tor Vergata, dell'Università di Torino e dell'Università del Nevada (Stati Uniti), che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi del Beth Israel Deaconess Cancer Center della Scuola di Medicina dell'Università di Harvard; del Dipartimento di Epidemiologia e Ricerca Preclinica dell'Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani (INMI) di Roma; del Laboratorio di Genetica Medica dell'IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù; dell'Università di Boston e di numerosi altri istituti. Hanno partecipato all'indagine anche alcuni consorzi di ricerca, come il COVID Human Genetic Effort, il French COVID Cohort Study Group e il CoV-Contact Cohort.

Gli scienziati, coordinati dai professori Giuseppe Novelli del Dipartimento di Biomedicina e Prevenzione dell'ateneo romano e Pier Paolo Pandolfi del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze della Salute dell'ateneo di Torino (oltre che docente in due istituti americani), sono giunti alle loro conclusioni dopo aver scoperto la classe di enzimi umani che il coronavirus SARS-CoV-2 sfrutta per uscire dalle cellule infettate e diffondersi nel resto dell'organismo, determinando la COVID-19 (la patologia).

Si chiamano E3-ubiquitin ligasi (HECT-E3) e sono coinvolti nella fase di “cell egression” di virus a RNA come il mortale Ebola, “attraverso l'interazione diretta della sua proteina VP40”, si legge nell'abstract dello studio.

Due di questi enzimi, chiamati NEDD4 e WWP1, interagiscono con la proteina S o Spike del coronavirus, e come specificato permettono la diffusione virale.

Gli scienziati hanno scoperto che questi enzimi risultano essere sovraespressi nei pazienti colpiti dalla forma grave della COVID-19, così come in modelli murini (topi) geneticamente modificati e infettati dal SARS-CoV-2.

Nei test in vitro l'indolo-3-carbinolo (I3C), che è un inibitore naturale di NEDD4 e WWP1, ha mostrato “potenti effetti antivirali e inibisce la fuoriuscita virale”.

Grazie alle basi gettate da questo studio sarà possibile mettere a punto farmaci costruiti attorno al principio attivo che puntano a bloccare la replicazione del virus e ad arrestarne la trasmissione.

Potenzialmente potranno essere utilizzati anche in combinazione con altre terapie. “Un vaccino è solo una misura profilattica. Dobbiamo testare il farmaco in studi clinici con pazienti Covid-19 per valutare rigorosamente se può prevenire la manifestazione di sintomi gravi e potenzialmente fatali.

Avere opzioni per il trattamento, in particolare per i pazienti che non possono essere vaccinati, è di fondamentale importanza per salvare sempre più vite umane e contribuire ad una migliore condizione e gestione della salute pubblica”, ha dichiarato il professor Novelli.

“Dobbiamo pensare a lungo termine. I vaccini, pur essendo molto efficaci, potrebbero non esserlo più in futuro, perché il virus muta, e quindi è necessario disporre di più armi per combatterlo.

La scoperta su I3C è importante, e ora dobbiamo avviare studi clinici per dimostrare la sua potenziale efficacia”, ha affermato il professor Pandolfi, aggiungendo che sarà importante anche capire se il farmaco sarà efficace contro la cosiddetta “Long COVID” (i postumi dopo aver superato la fase acuta, che possono durare per mesi).

I dettagli della ricerca “Inhibition of HECT E3 ligases as potential therapy for COVID-19” sono stati pubblicati sull'autorevole rivista scientifica specializzata Cell Death & Disease del circuito Nature.

La scoperta del Cnr:  "Un composto naturale potrebbe uccidere il Covid"

Dalla natura la speranza di una nuova arma contro Covid-19.

Uno studio internazionale al quale ha partecipato l'Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche, il Cnr-Nanotec di Cosenza, indica che la quercetina - un composto di origine naturale - funziona da inibitore specifico del coronavirus Sars-CoV-2.

La sostanza mostra infatti un'azione destabilizzante sulla 3CLpro, una delle proteine chiave per la replicazione del patogeno.

Lo studio, supportato dalla Fundación hna spagnola, è pubblicato sull''International Journal of Biological Macromolecules'.

Insieme alla ricerca di un vaccino efficace, lo sviluppo di farmaci antivirali specifici per il coronavirus responsabile della Covid-19 è un altro grosso filone di studi che il mondo della scienza ha avviato per vincere il nemico pandemico.

Il nuovo lavoro - condotto da Bruno Rizzuti del Cnr-Nanotec con un gruppo di ricercatori di Saragozza e Madrid - dimostra che la quercetina, bloccando l'attività enzimatica di 3CLpro, risulta "letale" per Sars-CoV-2.

"Le simulazioni al calcolatore hanno dimostrato che la quercetina si lega esattamente nel sito attivo della proteina 3CLpro, impedendole di svolgere correttamente la sua funzione - afferma Rizzuti, autore della parte computazionale dello studio - Già al momento questa molecola è alla pari dei migliori antivirali a disposizione contro il coronavirus, nessuno dei quali è tuttavia approvato come farmaco".

Cosa è la quercetina?

La quercetina, spiegano dal Cnr, ha una serie di proprietà originali e interessanti dal punto di vista farmacologico:

"E' presente in abbondanza in vegetali comuni come capperi, cipolla rossa e radicchio, ed è nota per le sue proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, antiallergiche e antiproliferative.

Sono note anche le sue proprietà farmacocinetiche ed è ottimamente tollerata dall'uomo". Inoltre la quercetina "può essere facilmente modificata per sviluppare una molecola di sintesi ancora più potente, grazie alle piccole dimensioni e ai particolari gruppi funzionali presenti nella sua struttura chimica. Poiché non può essere brevettata, chiunque può usarla come punto di partenza per nuove ricerche".

"Lo studio parte da una caratterizzazione sperimentale di 3CLpro, la proteasi principale di Sars-CoV-2", precisa Olga Abian dell'università di Saragozza, prima autrice della pubblicazione.

"Questa proteina ha una struttura dimerica, formata da due sub-unità identiche dotate ciascuna di un sito attivo fondamentale per la sua attività biologica.

In una prima fase del lavoro è stata studiata, con varie tecniche sperimentali, la sensibilità a varie condizioni di temperatura e pH: un risultato importante - sottolinea la scienziata - perché molti gruppi stanno lavorando su 3CLpro come possibile bersaglio farmacologico, in virtù del fatto che è fortemente conservata in tutti i tipi di coronavirus. Per questa proteina sono già segnalate in letteratura molecole che fungono da inibitori, ma non utilizzabili come farmaci a causa dei loro effetti collaterali".

"La parte più interessante di questo lavoro è lo screening sperimentale eseguito su 150 composti, grazie a cui la quercetina è stata individuata come molecola attiva su 3CLpro", aggiunge Adrian Velazquez-Campoy dell'università di Saragozza, che ha diretto il gruppo di ricerca e ha già lavorato alla ricerca di farmaci inibitori della proteina per il virus Sars originario che causò l'epidemia di sindrome respiratoria acuta grave del 2003.

"La quercetina riduce l'attività enzimatica di 3CLpro grazie al suo effetto destabilizzante sulla proteina. La ricerca di nuove molecole mira quindi a somministrare una combinazione di differenti composti, per minimizzare la resistenza ai farmaci e lo sviluppo di nuovi ceppi virali".

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