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22 Ottobre 2015 - 19:02
Il virologo Perno: ora più curabile, per questo è trascurato
BARCELLONA. «L’Hiv non fa più molta paura, ma questa percezione si scontra con i numeri: in Italia si stima siano 130-150mila le persone infettate, con 4mila nuove diagnosi l’anno. E se sono 94mila i pazienti in terapia, possiamo dire che una persona su tre con Hiv non sa di essere contagiata». A fare il punto è Carlo Federico Perno, docente di Virologia dell’Università di Roma Tor Vergata, a margine della Conferenza sull’Aids in corso a Barcellona. Il virus, insomma, nel Belpaese non è ancora sconfitto. «Anche se, grazie ai farmaci, ormai lo controlliamo molto bene. Il problema è che ancora oggi la diagnosi arriva in media dopo 5-7 anni: questo vuol dire che adesso scopriamo infezioni che risalgono in molti casi al 2008. Invece è fondamentale trattare i pazienti il prima possibile». Il ritardo è dovuto al fatto che non c’è la percezione del pericolo e le persone non fanno il test. «Non si fa neanche prevenzione, perché ormai l’idea è che l’Hiv da malattia mortale sia diventata malattia cronica, così «è meno causa. Ma anche le malattie croniche uccidono», sottolinea il virologo, lamentando una «drammatica perdita di attenzione nei confronti dell’Aids».
La buona notizia è che «la terapia funziona: in più del 90% dei pazienti trattati in Italia la carica virale non è più rilevabile, ma ancora non eradichiamo il virus dall’organismo. Ecco perché occorrono farmaci che siano sempre efficaci, ma non tossici. L’età media alla diagnosi in Italia è di 35-36 anni, e si tratta di persone che resteranno in cura per tutta la vita. L’Hiv e i medicinali per combattere il virus - dice Perno - a distanza di tempo aumentano poi i rischi di problemi alle ossa, al fegato, al cuore, al cervello, ma anche di ammalarsi di tumore e di diabete». Ecco perché «dalla ricerca ci aspettiamo terapie sempre meno tossiche, che ora stanno arrivando. Ma non mi stancherò mai di ricordare - conclude - quanto è importante la prevenzione».
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