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06 Settembre 2019 - 15:49
ROMA. «Quella sera ci qualificammo mostrando la placca identificativa». È quanto ha detto il carabiniere Andrea Varriale davanti ai magistrati di Roma, tra cui il procuratore capo facente funzioni Michele Prestipino, il 9 agosto scorso, ricostruendo quanto avvenuto la notte fra il 25 e il 26 luglio a Roma quando il giovane americano Finnegan Lee Elder uccise con 11 coltellate il collega di Varriale, il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega. Elder si trovava con il suo amico Gabriel Natale Hjorth e i due si erano preparati a tendere un agguato in via Federico Cesi, potendo così contare sull'effetto sorpresa. In base a quanto si apprende da fonti giudiziarie, Varriale ha ammesso davanti ai magistrati che lui e Cerciello erano entrambi disarmati: i due infatti erano in servizio antispaccio e, come ha spiegato il militare, si tratta di un'attività che viene svolta in borghese e con un abbigliamento, specie in estate, che renderebbe complicato il possesso della pistola senza far saltare la “copertura". Una versione ritenuta credibile dagli inquirenti.
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