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Carcere per i giornalisti, scontro tra Verna e il sindacato

Carcere per i giornalisti, scontro tra Verna e il sindacato

«Davvero il presidente Conte condivide che il carcere ai giornalisti per diffamazione sia legittimo, come ha scritto l'Avvocatura dello Stato nel rappresentare la Presidenza del Consiglio davanti la Corte Costituzionale nel giudizio di legittimità sul tema?». Lo chiede Carlo Verna, presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, in una nota nella quale motiva l'opposizione del Cnog all'udienza a porte chiuse presso la suprema Corte sul tema del carcere ai giornalisti. «Sono certo che il Premier impegnato nella lotta al coronavirus nulla sappia - prosegue Verna -. E noi del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti abbiamo bisogno del suo tempo, che ora non può avere a disposizione, per dirgli del nostro profondo rammarico . È questa la ragione in più per la quale ci siamo opposti all'idea, invece sostenuta dalla stessa Avvocatura dello Stato, che si potesse fare a meno dell'udienza pubblica. Peraltro sicuramente perdendo nella nebbia dell'emergenza l 'opportunità di un serio dibattito sull'anacronistica sanzione edittale che affligge la libertà di stampa». «Perciò l'Ordine dei giornalisti ha chiesto e ottenuto, per la prima volta nella storia, la qualità di interventore - sottolinea ancora Verna -. Chi sostiene disinvoltamente che si potesse rinunciare su un tema così rilevante, per fare presto e chissà in che modo, a uno dei cardini del processo in democrazia, costituito dalla sua pubblicità, tutto ha a cuore meno che la libertà di stampa. Come direbbe il commissario Montalbano, splendido frutto della penna di Andrea Camilleri che tanto ci manca, su questa vergogna del carcere c'è bisogno di “schiamazzo". Lo potremo fare quando sarà possibile un'attività normale anche invitando tutti a seguire la diretta streaming che la Corte Costituzionale assicura delle pubbliche udienze. Solo l'Ordine dunque contro il silenzio sul carcere ai giornalisti e un processo a porte chiuse».

IL FATTO. Ieri in una nota il Sindacato Unitario Giornalisti della Campania (Sugc) ha accusato l'Ordine nazionale di aver fatto slittare la decisione sul carcere ai giornalisti. Il 21 aprile si sarebbe dovuta celebrare, infatti, dinanzi alla Corte Costituzionale, la pubblica udienza in relazione alla eccezione di incostituzionalità sul carcere per i giornalisti sollevata dal Tribunale di Salerno, su sollecitazione dell’avvocato del Sugc, Giancarlo Visone, in un processo per diffamazione a mezzo stampa contro un iscritto. «In ragione dell’attuale emergenza Covid-19, con decreto del Presidente della Corte Costituzionale, si era palesata la possibilità, al fine di consentirne la trattazione, della celebrazione del procedimento nelle forme della camera di consiglio, senza partecipazione delle parti. - spiega il sindacato in una nota - In particolare, la Corte ha disposto che, laddove le parti ritenessero sufficientemente istruito per iscritto il procedimento, dovessero esprimere il proprio consenso alla trattazione in camera di consiglio, altrimenti la decisione sarebbe stata rinviata a data da destinarsi, onde consentire la pubblica udienza». «Nel caso di specie, tanto l’Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, quanto l’avvocato Francesco Paolo Chicchiarelli, che, per conto del Sindacato unitario giornalisti della Campania rappresenta il collega Pasquale Napolitano, -  continua la nota - hanno convenuto che il processo fosse adeguatamente istruito, avendo le parti già puntualmente sviscerato tutte le proprie difese con apposite memorie scritte, ed hanno quindi ritenuto opportuna l’immediata trattazione del procedimento». «È chiaro che, non essendo prevedibile la durata dell’emergenza, diversamente, la decisione sarebbe stata rinviata a data futura non preventivabile, con conseguenze attuali sulla libertà di stampa. Purtroppo, il difensore dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti, terzo interventore in questa procedura, ha invece negato il suo consenso alla trattazione, insistendo per la decisione futura in pubblica udienza. Ciò determinerà lo slittamento a data incerta della risoluzione di una questione di vitale importanza per la categoria dei giornalisti» conclude il Sugc.

LA RISPOSTA DEL SINDACATO A VERNA. «Forse il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna ha scambiato la Corte Costituzionale per una vecchia Pretura, invocando udienze in streaming (una consuetudine per la Consulta) e “processi” pubblici. Gli ricordiamo un paio di cose, visto che paventa inesistenti primogeniture e iniziative sul carcere per i giornalisti e la libertà di stampa. La prima è che, rivolgendosi al presidente Conte, confonde l’interlocuzione politica con il Governo, per cancellare dall’Ordinamento il carcere per i giornalisti, con il ricorso alla Corte Costituzionale. Le due cose non possono essere messe insieme, visto che la separazione dei poteri è un fondamento dello Stato. E la funzione della Corte è quella di risolvere le controversie in essere «relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni». È quindi la Corte Costituzionale, quale giudice delle leggi, e non certo la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in questa fase, l’interlocutore deputato a risolvere questa controversia. Secondo, sempre chiedendo a Conte se condivide il carcere per i giornalisti dimostra di non conoscere le carte. L’intervento dell’Avvocatura dello Stato, in rappresentanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, non è stato affatto incentrato sul merito della questione, ossia la legittimità costituzionale della pena detentiva, bensì su questioni tecniche relative alla ammissibilità dell’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale. Né pare accettabile, per il rispetto che è dovuto alla Corte Costituzionale e alla sua indipendenza dalla politica, l’aver paventato che la prospettazione della possibilità di adottare il rito camerale avrebbe in qualche modo compresso il diritto di difesa su una questione così importante. Il rispetto del principio del contraddittorio, infatti, nell’ambito della procedura camerale è, non di meno,  assicurato a ciascuna delle parti attraverso la possibilità di presentare puntualmente per iscritto, invece che oralmente, le proprie difese. Noi abbiamo affrontato il problema su più piani, con atti concreti e in maniera determinata. Se esiste, infatti, questo procedimento presso la Corte Costituzionale è perché il Sindacato unitario giornalisti della Campania, con il suo avvocato Giancarlo Visone, per primo ha sollevato l’eccezione di incostituzionalità presso il Tribunale di Salerno, nell’ambito di un processo penale che vede imputati il collega Pasquale Napolitano ed il direttore del “Roma” Antonio Sasso. E in questo processo il SUGC, in piena sintonia con la Fnsi, è parte in causa nella difesa dei colleghi. Ancora. Le memorie, con le quali il contraddittorio è già perfezionato, sono state depositate mesi prima dell’intervento dell’Ordine dei Giornalisti e la questione è stata ampiamente sviscerata. Nel merito della questione, infine, si tenga conto che, come chiarito più volte dalla Corte EDU,  già solo la semplice previsione astratta della sanzione detentiva esercita un effetto dissuasivo sull’esercizio dell’attività giornalistica e pertanto rappresenta una lesione per la libertà di stampa. È proprio per la consapevolezza dell’esistenza di questa spada di Damocle che pende ogni giorno sulle teste di tutti gli appartenenti alla categoria dei giornalisti, che il rivendicare come una vittoria la scelta di far slittare a data incerta la risoluzione di una questione tanto rilevante appare incomprensibile. Purtroppo, pare che l’unica preoccupazione del presidente del Cnog non sia quella di ottenere una pronuncia in tempi brevi su una questione che si trascina da decenni, e che sta a cuore a tutta la categoria, ma soltanto quella di ritagliarsi qualche attimo di visibilitàe di attribuirsi meriti che non ha».

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