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Covid, Ricciardi: «A dicembre rischio 16mila casi al giorno, 7 armi per evitarlo»

Covid, Ricciardi: «A dicembre rischio 16mila casi al giorno, 7 armi per evitarlo»

Mentre i nuovi casi di Covid-19 in Italia ieri sono arrivati a quota 3.677, altri Paesi europei stanno affrontando un'escalation di contagi. "Se non ci muoviamo, c'è il rischio di arrivare a 16mila casi al giorno". Lo afferma all'Adnkronos Salute Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute per l'emergenza Covid-19 e ordinario di Igiene generale e applicata alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università Cattolica di Roma. Ben più, dunque, del record toccato nei mesi del picco.

Ma "abbiamo sette armi per evitarlo - aggiunge Ricciardi - Eccole: distanza, mascherine, igiene delle mani, App Immuni, vaccino antinfluenzale, rafforzamento di terapie subintensive e pronto soccorso, e infine più test e tracciamento con i dipartimenti di prevenzione". Sette armi in grado di frenare la corsa del virus nei mesi invernali.

«Le Regioni hanno dormito»

"Di fatto questa è un'epidemia che ha un andamento incrementale fino a un certo punto e poi esponenziale. Significa che, dopo un certo livello, c'è un raddoppio dei casi con una frequenza molto più ravvicinata. E poi se consideriamo che, per lo studio sieroepidemiologico, per ogni caso notificato ce ne sono almeno 5-6 non notificati, in questo momento ci troviamo di fronte veramente a un momento delicato". Lo sottolinea Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute per l'emergenza Covid-19 e ordinario di Igiene generale e applicata alla Facoltà di Medicina e chirurgia dell'Università Cattolica di Roma, intervenendo ad “Agorà" su Rai3. "Le persone contagiate devono essere indirizzate esclusivamente nei Covid hospital, ma bisognava aver già allestito Pronto soccorso dedicati ai sospetti Covid e prevedere percorsi separati dentro gli ospedali per evitare pericolose commistioni. Molte regioni però si sono addormentate e si è fatto poco o nulla. Ora con i ricoveri per influenza negli ospedali si rischia il caos", aggiunge.

È un momento, spiega l'esperto, "in cui ancora possiamo attuare delle strategie di contenimento, ma se non lo facciamo poi possiamo fare soltanto delle strategie di mitigazione e quindi limitare la circolazione".

"Noi vogliamo e dobbiamo evitare un lockdown nazionale e vogliamo evitare anche i lockdown locali. E' chiaro che per farlo dobbiamo limitare la circolazione del virus. E queste strategie di contenimento basate su tre pilastri, cioè la distanza di sicurezza, le mascherine e l'igiene delle mani e degli ambienti di vita e di lavoro, sono i perni essenziali comportamentali su cui basarsi", assicura Ricciardi.

"In questo momento il problema non saranno le terapie intensive perché le terapie intensive le abbiamo già raddoppiate da 5mila a 10mila. Il problema saranno gli altri reparti, perché fortunatamente oggi noi siamo più bravi e intercettiamo prima i pazienti, per cui le terapie intensive se va tutto bene non le riempiremo", puntualizza Ricciardi.

"Il problema è non far andare i pazienti in terapia intensiva - ragiona - ma quindi questo significa curarli nei reparti e, siccome sono pazienti infetti, non possono essere curati senza attenzione alle norme legate al rischio biologico. Questo significa ampliare i letti, assumere persone, incrementare. Nei passati 10 anni abbiamo tagliato o mancato di finanziare la sanità per 36 miliardi e questo cosa ha significato? Un esodo di 40mila operatori". "Noi - incalza - oggi abbiamo 40mila medici e infermieri in meno rispetto al passato. Con le misure straordinarie ne abbiamo assunti 32mila, ma ancora" c'è da fare.

"La Campania è in una situazione di grandissima difficoltà. Ha da sola in questo momento lo stesso numero di casi che c'era in Italia a maggio. Di fatto quindi la Campania, ma anche un po' il Lazio e la stessa Lombardia - che è stata la regione dove tutto è originato e dove la curva epidemica non si è mai azzerata, quindi è ripartita - sono regioni che destano certamente preoccupazione, spiega Ricciardi.

"Oggi il contagio avviene in famiglia. L'età media è intorno ai 50 anni. La cosa che dobbiamo evitare è che vengano contagiati gli anziani, perché nel momento in cui viene contagiato un anziano il decorso clinico può essere molto più grave rispetto alle persone di un'età più giovane", ha ricordato l'esperto. "Abbiamo visto - spiega ad 'Agorà' su Rai3 - la rimessa in moto della circolazione del virus dopo le vacanze. I ragazzi che sono andati soprattutto in Paesi come la Spagna, la Grecia, la Croazia, Malta, che non avevano adoperato le nostre cautele, o che hanno fatto le vacanze in regioni come la Sardegna, che hanno riaperto le discoteche e non hanno esercitato un controllo sui luoghi di assembramento, sono poi ritornati in famiglia. E da luglio in cui l'età media degli infetti era 25 anni pian piano lo hanno trasmesso ai loro familiari".

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