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20 Marzo 2015 - 12:51
L'Istat: soprattutto raccomandazioni e segnalazioni
ROMA. Solo quattro giovani su dieci si rivolgono ai centri pubblici per l'impiego per trovare lavoro. Il 55% invece ricorre alla "mediazione" di parenti e amici. A ridare fiato ai numeri Istat di qualche mese fa e alle riflessioni dei giorni scorsi del ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, la vicenda che ha coinvolto il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi. Un canale quasi istituzionalizzato, quello delle "segnalazioni", dovuto, ricorda ancora l'Istat, «alla scarsità dei canali di informazione e soprattutto dalle inefficienze del sistema pubblico di intermediazione».
Come per l’insieme delle persone in cerca di occupazione, comunque, spiega ancora l'Istat, anche per i giovani la scelta di affidarsi alla rete informale, non istituzionale, «si riduce all’aumentare del livello di istruzione perché diventano praticabili altri canali di ingresso». Tra la "segnalazione" e il centro per l'impiego, infatti, tra gli altri canali praticati, ma tra i giovani con un alto livello di istruzione, ci sono la richiesta diretta al datore di lavoro e le inserzioni sulla stampa o l'utilizzo del web, praticati da circa un quarto dei giovani. La quota di ingressi relativi all’area del lavoro autonomo si colloca intorno al 6%, con una marcata prevalenza della componente maschile che acquista però canale d’ingresso relativamente significativo solo nel Mezzogiorno.
E che la collocazione tramite parentele sia diventato un canale quasi ufficiale lo ammette il governo stesso. «Anche se sommassimo ciò che viene intermediato da strutture pubbliche, agenzie, privati, scuole e università arriveremmo comunque ad un numero significativamente più basso rispetto a quello che si otterrebbe con relazione bilaterali, al di fuori della strumentazione istituzionale», la segnalazione di parenti e amici, appunto, spiegava ancora la scorsa settimana Poletti. Ciò nonostante, osservava, i centri pubblici per l'impiego «difendono il loro ruolo, sicuramente più moderno ora rispetto ad un passato non troppo lontano quando venivano considerati "l'anagrafe della disoccupazione».
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