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Covid, Decreto Sostegno: ristorazione esclusa dai sostegni

Covid, Decreto Sostegno: ristorazione esclusa dai sostegni

NESSUNA MISURA DI SOSTEGNO

''Alla vigila del nuovo decreto sostegno prendiamo atto che la ristorazione collettiva è il comparto economico su cui peserà maggiormente la crisi, anche dopo il covid, senza aver ricevuto nessuna misura di ristoro o sostegno efficace e coerente da parte del Governo. Si apra al più presto un tavolo nazionale per scongiurare il collasso, ormai certo delle imprese che gestiscono mense presso gli uffici pubblici, aziende, scuole, caserme, ospedali, e che per effetto del covid hanno visto stravolto il servizio e i costi per l'esecuzione degli appalti''.

SI APRA UN TAVOLO PER SCONGIURARE IL COLLASSO

Lo dichiara Massimiliano Fabbro, presidente di Anir-Confindustria (Associazione nazionale imprese di ristorazione collettiva). ''Senza timore di smentita- dice Fabbro- possiamo dire di non essere stati ascoltati e di non aver ricevuto alcun aiuto dallo Stato nonostante da un anno il Covid alcuni segmenti delle nostre imprese abbiano subito cali sino al 60% del fatturato: massima incidenza su scuole ma soprattuto nella pubblica amministrazione dove lo smartworking sta diventando strutturale. Nessuno riflette sugli effetti di questo: sono a rischio licenziamento 60mila nostri lavoratori, e sino a 100mila se consideriamo l'indotto", continua. "Anche le nostre aziende -spiega ancora- svolgono un servizio di pubblica utilità, siamo tra quelli che hanno continuato a lavorare erogando un servizio a ospedali, caserme, uffici pubblici anche durante l'emergenza, senza mai fermarsi. Noi non abbiamo potuto chiudere, e oltre il danno causato dal Covid ora ci sentiamo anche beffati dalle misure che si stanno adottando".

LICENZIAMENTO DI 100MILA LAVORATORI

"Chiediamo -ribadisce Fabbro- di essere ascoltati dal Governo Draghi, al più presto affinché venga valutato un pacchetto di proposte serio: è inadatta la misura del tetto del fatturato per avere dei sostegni. Non siamo piccoli esercizi di ristorazione, ma un comparto industriale, chiediamo con urgenza e da mesi di ripensare completamente il supporto al settore, attraverso il riconoscimento di quei costi fissi incomprimibili che non hanno trovato corrispondenza nei bilanci delle aziende, estendere il meccanismo di sgravi contributivi sul costo del lavoro, simile a quello attivato per le imprese del Mezzogiorno, serve un'indicazione forte e di tipo legislativo per dare riconoscimento certo alle perdite registrate. Non chiediamo soldi chiediamo di poter continuare a lavorare", aggiunge ancora.

SMARTWORKING PUNTO DI NON RITORNO

"Quello che attualmente troviamo incomprensibile -spiega ancora Fabbro- è che non si sia compresa la gravità della situazione, saremo l'unico settore che non rientrerà mai dalla crisi neanche dopo l'auspicato ritorno alla normalità post Covid: lo smartworking è un punto di non ritorno e incide sulla ristorazione pubblica e aziendale in modo definitivo, un calo stimato per circa il 30% del fatturato e che coinvolge migliaia di lavoratori a rischio licenziamento, di cui quasi tutte donne, un danno sociale che interessa più di 60.000 famiglie". "Martedì 23 marzo -conclude Fabbro- Anir Confindustria celebrerà una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati per spiegare alle istituzioni e all'opinione pubblica la propria posizione in tema di sostegni e le esigenze non più differibili del comparto''.

TUTTA ITALIA CHIEDE AIUTO PER LA RISTORAZIONE

Dopo l’appello dell’Arcs (Associazione Ristoratori Centro Storico di Roma), che in una nota ha denunciato tutte le problematiche causate dalle chiusure a singhiozzo e senza programmazione per via dell’emergenza Covid-19, anche altri ristoratori di tutta Italia vogliono un rispetto della categoria. La richiesta è quella di un tavolo di confronto con Governo e istituzioni per salvaguardare la ristorazione -ormai diventata una vera e propria impresa, con tutti i costi di gestione annessi- che rappresenta un Pil importante per l’Italia.

FEDERAZIONE ITALIANA PIZZAIOLI

Giuseppe Santoro (Presidente Federazione Italiana Pizzaioli) in merito alla questione ha dichiarato: "Lo Stato ci ha abbandonati, ma noi non ci arrendiamo. Sentendo in questi giorni i soci, i sostenitori ed i colleghi sparsi per la Penisola, sento che tutti ci troviamo nella stessa situazione. Chi sta a casa non compra cibi da asporto e, ovviamente, neanche la pizza; tutto si concentra nel weekend, ma oggi le nostre perdite superano il 75-80% in alcuni casi e nelle piccole città dell’entroterra anche il 95%. Si rimane aperti solo per avere un po’ di moneta per continuare a vivere. La situazione che stiamo vivendo è catastrofica.

Pasquale Naccari (Presidente di Ristoratori Toscana e TNI Horeca Italia, associazione che rappresenta 40.000 imprese italiane nel settore) ha detto: "Siamo vicini ai ristoratori di tutta Italia, ai quali offriamo appoggio e comprensione per le difficoltà che noi tutti stiamo attraversando. Il mio appello è quello di stare uniti, perché solo uniti possiamo uscire da questa crisi che sembra non finire mai".

Enzo Bandi (del ristorante ”Osteria Il Moro” di Trapani) ha affermato: "Il nostro pensiero -al nord, al centro ed al sud- è questo: i Ristori dovrebbero essere basati sui periodi di inattività che sono stati imposti. Un’attività come la nostra, stando chiusa per 5 o 6 mesi, ha perso l’80% del fatturato ed anche il 90% se parliamo degli stagionali. Con questo tira e molla delle chiusure non riusciamo a fare alcuna programmazione. Con questo virus dobbiamo continuare a convivere per chissà quanto tempo. Noi siamo stati chiusi tanti mesi e rischiamo che possa saltare il PIL dell’economia italiana che si poggia sul nostro settore e sul nostro indotto. Rispettiamo i protocolli e vogliamo rispetto come lavoratori di una delle eccellenze del nostro Paese".

Diego Sommovigo (dei ristoranti “Il Gambero” di Porto Venere e “Osteria da Caran” di La Spezia) ha invece sottolineato: "Noi siamo uno dei ristoranti storici, aperto dal 1851 e faccio parte della Fipe. La pressione fiscale è arrivata al 70% e ora che dobbiamo affrontare un problema serio, noi da cittadini siamo rimasti soli. La mia azienda, in questo lockdown, ha perso 280.000 euro, lo Stato ad oggi mi ha dato 19.600 euro che sono pari al 6% del fatturato; la misura è ridicola. Da sempre tuteliamo la salute e rispettiamo le regole. Ma è possibile che in tutto questo periodo non ci siano mai stati controlli? E poi che incidenza scientifica risulta dai contagi avuti da chi è andato al ristorante? Si deve capire che tra bar e ristorazione sono presenti in Italia 376.000 locali per 1.240.000 dipendenti, in regola. Noi siamo tutte micro o piccole aziende e ci manteniamo da soli, non gravando sullo Stato, meritiamo rispetto; hanno fatto il conto di quanto peserebbero 1.240.000 disoccupati a cui vanno aggiunte tutte le famiglie?".

Pietro Zito (del ristorante “Antichi Sapori” di Montegrosso - Bat) ha denunciato: "E’ necessario capire le perdite effettive del 2019 e del 2020, mentre i costi fissi sono andati avanti. E’ necessario, in questa fase, il blocco delle cartelle esattoriali, i pagamenti vanno rimandati ed i fitti dovrebbero andare in totale credito d’imposta e si dovrebbero annullare le tasse sui rifiuti perché non abbiamo lavorato e siamo stati chiusi. Il Comune di Andria ci ha fatto pagare per un anno intero. Ci vorrebbe una maggiore sensibilità verso un settore in crisi ed un’attenzione verso i dipendenti".

Pietro D’Agostino (del ristorante “La Capinera” di Taormina) ha dichiarato: "Mi voglio collegare all’amico di Genova. Ci stanno mettendo in ginocchio. Di Ristori ne sono arrivati pochissimi. Tutti debbono sapere che noi abbiamo dipendenti importanti, affitti importanti e seguiamo le direttive per garantire la salute dei nostri clienti ma credo che il Governo debba fare un intervento anche sugli sgravi per i dipendenti, specialmente per noi che lavoriamo sullo stagionale; non abbiamo bisogno di chiacchiere. Lo Stato deve farsi sentire e starci vicino. Così non va, le cartelle esattoriali andrebbero cancellate".

FEDERAZIONE ITALIANA CUOCHI

In chiusura Alessandro Circiello (Federazione Italiana Cuochi) ha affermato: "Ho fiducia nel nuovo esecutivo e spero che a breve si passi dalle parole ai fatti, perché in questo momento le spese continuano a correre mentre siamo fermi. I centri storici italiani -da Roma a Firenze, con Bologna, Venezia, Napoli, Bari e Milano- sono quelli che soffrono di più: un ristorante su tre ha chiuso per sempre".

 

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