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Clamorosa decisione della Cassazione sulla “famiglia” reggina Fontana

Clamorosa decisione della Cassazione sulla “famiglia” reggina Fontana

L’ipotesi accusatoria di mafiosità elevata della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria nei confronti di una nota famiglia di imprenditori di Reggio Calabria, i Fontana, appariva granitica sino a ieri sera.

Le società investigate, riconducibili tutte alla famiglia Fontana, avevano effettuato e gestito all’inizio degli anni 2000 e per un decennio,  la manutenzione degli automezzi per il servizio raccolta dei rifiuti  nella città di Reggio Calabria, con ritenuta infiltrazione in società a partecipazione pubblica, la Leonia spa,  realizzando, a parere  degli inquirenti,   rilevanti sovrafatturazioni, grazie all’aiuto di funzionari  infedeli.   

Infatti, dal momento dei clamorosi arresti, passando attraverso la decisione di primo grado intervenuta il 27.07.16 e  sino alla decisione della Corte di appello maturata il 13.05.20, le varie  Autorità Giudiziarie avevano decisamente affermato la esistenza di una associazione di tipo mafioso  organizzata dall’imprenditore  Fontana Antonino, il quale avrebbe utilizzato la fama intimidatrice del padre Giovanni,  ritenuto mafioso nel lontano 1991, coadiuvato dai fratelli Giuseppe Carmelo e Francesco Giovanni, intestando  alle proprie mogli  varie società.

Per l’ultimo grado di giudizio, quello di legittimità, Fontana Antonino, condannato ad anni 16 e mesi 6 di reclusione,  colui che avrebbe posto in essere le più rilevanti attività societarie cadute sotto la lente degli investigatori, sceglie di rafforzare la difesa nominando il cassazionista Dario Vannetiello (nella foto) del Foro di Napoli.

Ed è proprio all’esito del giudizio di legittimità che è maturata una clamorosa svolta. 

La Suprema  Corte di Cassazione, sesta sezione penale, presieduta dalla dottoressa Petruzzellis e che ha visto come relatrice la dottoressa Vigna,  nonostante il Procuratore Generale dottoressa Picardi avesse chiesto di escludere solo la natura armata  della compagine  confermando  la penale responsabilità di tutti gli imputati,  ha annullato senza rinvio sia la condanna  per associazione di stampo mafioso, sia le varie  condanne  per intestazioni fittizie, oltre a travolgere ulteriori statuizioni.                              

Trattasi  di uno dei rarissimi casi in cui i Giudici capitolini, oltre ad annullare la sentenza di condanna  per mafia, hanno ritenuto addirittura superfluo un nuovo giudizio innanzi alla Corte di appello, nuovo giudizio che verrà  svolto solo per De Caria Bruno Maria ma al solo fine di individuare la pena  che costui merita rispetto ad reato di peculato.

La sorpendente decisione della Suprema Corte  premia anche il lavoro di tutto  il collegio difensivo rappresentato dagli avvocati Natale Carbone, Bruno  Poggio, Francesco Calabrese,  Manlio Morcella,  Teodoro Reppucci, Giovanni Gurnari, Salvatore Morabito,  Vincenzo Gennaro, Raffaele Manduca e  Pasquale Maraguccio.        

       

                      

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