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15 Marzo 2022 - 09:27
Forse non tutti ne sono a conoscenza ma in Italia esiste il cosiddetto Reddito di Libertà, una speciale misura a favore delle donne vittime di violenza e in condizione di povertà. Questo aiuto è finalizzato a sostenere prima di tutto le spese per assicurare l’autonomia abitativa e la riacquisizione dell’autonomia personale delle donne vittime di violenza, ma anche il percorso scolastico e formativo degli eventuali figli minorenni.
La comunicazione
L’Inps ha pubblicato la circolare n. 166/2021 sul 'Fondo per il reddito di libertà per le donne vittime di violenza', istituito per favorire percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di particolare vulnerabilità o di povertà attraverso l’indipendenza economica. Secondo quanto comunica l'istituto di previdenza in una nota, il reddito di libertà è riconosciuto dall’Inps con un contributo nella misura massima di 400 euro mensili pro capite, in un’unica soluzione per massimo dodici mesi, entro il limite delle risorse assegnate a ciascuna Regione o Provincia autonoma.
Destinato alle donne seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle Regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, specifica ancora l'Inps, il contributo è finalizzato a sostenere prioritariamente le spese per l’autonomia abitativa e personale, nonché il percorso scolastico e formativo di eventuali figli e figlie minori. I requisiti di accesso e le modalità di compilazione e presentazione della domanda sono descritte in dettaglio nella circolare 166/2021, come pure le funzionalità della procedura e le relative istruzioni operative per gli operatori.
L’aiuto
L’aiuto è stato pensato soprattutto per contenere i gravi effetti economici derivanti dall’emergenza sanitaria, in particolare per quanto riguarda proprio le donne in condizione di maggiore vulnerabilità, ma anche per favorire, attraverso l’indipendenza economica, percorsi di autonomia e di emancipazione delle donne vittime di violenza in condizione di povertà.
Come si legge su Qui Finanza, per richiedere l’aiuto è necessario che le donne vittime di violenza siano seguite dai centri antiviolenza, riconosciuti dalle Regioni, o dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, al fine di contribuire a sostenerne l’autonomia. Le donne vittime di violenza che ricevono il contributo possono essere con o senza figli minori.
Destinatarie del contributo sono le donne residenti nel territorio italiano che siano cittadine italiane o comunitarie oppure, in caso di cittadine di Stato extracomunitario, in possesso di regolare permesso di soggiorno. Le donne straniere aventi lo status di rifugiate politiche o lo status di protezione sussidiaria sono equiparate alle cittadine italiane.
Eventuali incompatibilità con altri aiuti
Con il Dpcm del 17 dicembre 2020 sono stati definiti i criteri per la ripartizione delle risorse, pari a 3 milioni di euro, destinate a finanziarlo.
L’aiuto consiste in un contributo economico stabilito nella misura massima di 400 euro mensili per ciascuna donna, concesso in un’unica soluzione, per un massimo di 12 mesi: il totale massimo spettante è dunque pari a 4.800 euro l’anno.
Non è incompatibile con altri strumenti di sostegno al reddito, come il Reddito di cittadinanza o altri sussidi economici anche di altra natura, ad esempio Rem, NASpI, Cassa integrazione guadagni, ANF, ecc. Ma è esente dall’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche.
Ad occuparsi dell’erogazione dell’aiuto è l’INPS, che effettuerà il pagamento in un’unica soluzione, sulla base delle domande presentate, a favore delle beneficiarie della regione/provincia autonoma. Qualora siano disponibili, per i pagamenti l’INPS utilizzerà prima le risorse statali e poi quelle locali.
L’Istituto non è però responsabile nei confronti dei beneficiari per eventuali ritardi della regione/provincia autonoma nell’accredito della provvista occorrente per l’erogazione della misura.
Come ottenerlo
La domanda per il Reddito di Libertà viene presentata dalle donne interessate, direttamente o mediante un rappresentante legale o un delegato, attraverso il Comune di residenza, utilizzando il modello che potete scaricare qui. Al fine di facilitare la presentazione in via telematica delle istanze all’INPS è stata infatti predisposta una specifica piattaforma di collegamento con i Comuni italiani.
L’operatore comunale è tenuto a provvedere al contestuale inserimento della domanda, accedendo al servizio online di presentazione della domanda stessa, raggiungibile sul portale www.inps.it, digitando nel motore di ricerca “Prestazioni sociali dei comuni” e selezionando tra i risultati il servizio “Prestazioni sociali: trasmissione domande, istruzioni e software”.
Nel servizio “Prestazioni Sociali”, già utilizzato dai Comuni per la trasmissione delle domande di Assegno Unico (qui come funziona e come fare domanda) e Maternità, è infatti presente un’apposita sezione dedicata all’acquisizione delle domande per il Reddito di Libertà.
Il rilascio del servizio, accessibile se si è in possesso di SPID di livello 2 o superiore o di una Carta di identità elettronica 3.0 (CIE) o di una Carta Nazionale dei Servizi (CNS), sarà comunicato con apposito messaggio dell’Istituto.
Come compilare la domanda per non sbagliare
Perché la domanda sia regolare, devono essere compilati tutti i campi, compresi i riferimenti relativi alle dichiarazioni necessarie per l’ammissione al beneficio, ossia l’attestazione della condizione di bisogno ordinario o la condizione di bisogno straordinaria e urgente rilasciata dal servizio sociale professionale di riferimento territoriale, e la dichiarazione che attesta il percorso di emancipazione e autonomia intrapreso dalla donna, rilasciata dal legale rappresentante del centro antiviolenza.
Vanno anche indicate le modalità di pagamento scelte, selezionandole dall’apposito menu a tendina tra conti correnti IBAN, area SEPA, intestati alla richiedente e abilitati a ricevere bonifici (conto corrente, libretto di risparmio, carta prepagata).
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