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La guerra nel menu di Pasqua: dall'agnello al pesce, nuovi rincari

La guerra nel menu di Pasqua: dall'agnello al pesce, nuovi rincari

NAPOLI. Grano tenero in calo, pane e biscotti ancora in aumento. Così come la pasta che però si produce con il grano duro che non proviene dalle aree del conflitto. Rincari anomali anche per agnelli e pesce: il carrello della spesa è sempre più caro. Soprattutto con l’avvicinarsi delle festività pasquali. «A parte i rincari delle materie prime è in atto una vera e propria speculazione che tende ad aumentare i prezzi di pane e pasta», dice Gennaro Bosco, dell’omonima panetteria. «NOI COSTRETTI AD ADEGUARCI». «I produttori dicono che l’aumento dei cereali per pane e pasta è stato determinato dall’Associazione Granaria Meridionale di Napoli con un incremento di prezzo che si sta scaricando su tutta la filiera. A noi, ultimo anello della catena - dice Bosco -, non resta che adeguarci. Se rifiutiamo ci rispondono di rivolgerci ad altri produttori». AUMENTA IL PREZZO DELL’AGNELLO. Con l’approssimarsi delle festività, anche il menù di Pasqua è più salato. Il rincaro più anomalo riguarda quello dell’agnello. «Il prezzo dell’agnello sardo è aumentato in un anno del 30%, quello proveniente dall’Est dell’Europa ancora di più a causa dei trasporti e della logistica. Per i latticini 50 centesimi al chilogrammo, la provola da 12 a 13 euro al chilo», afferma Mario Gentile, dell’omonima macelleria, polleria ed alimentari. Ma non è solo la carne che si vende a un prezzo più caro: «Anche la pasta di Gragnano ci viene venduta al prezzo di 40 centesimi in più al chilogrammo e così l’olio extravergine di oliva, un prodotto che non ha nulla a che vedere con il conflitto ucraino e poco con il rincaro dell’energia», commenta Gentile. «IL CONFLITTO IN UCRAINA CON GLI AUMENTI NON C’ENTRA NULLA». Accusa la speculazione anche Giovanni Capuano (Pescheria Capuano): «Che c’entrano gli aumenti con il conflitto? Noi continuiamo a vendere agli stessi prezzi dello scorso novembre. Solo il salmone è più caro perché è un prodotto d’importazione sul quale grava il costo del trasporto e dell’energia. Ma poi tutto resta nei limiti: già le vendite sono diminuite e la gente fa fatica a consumare i prodotti ittici per l’aumento dell’inflazione dei generi di prima necessità». «LA RISTORAZIONE SUBISCE AUMENTI INSPIEGABILI». Anche Luisella Fusco (Donna Luisella al Borgo, ristoratrice) parla di speculazione iniziata però prima del conflitto da parte di alcune imprese fornitrici. «La ristorazione esce già malconcia da due anni di crisi e adesso deve subire gli effetti di aumenti inspiegabili. Sono incrementi che non dovrebbero risentire né del conflitto e poco del caro energia. I latticini, tanto per fare un esempio, vedono aumenti ben al di sopra dei livelli d’inflazione. Noi stiamo facendo di tutto per contenere i prezzi ma senza un’azione calmieratrice da parre del governo sarà difficile non ritoccarli». «SITUAZIONE INSOSTENIBILE». Ad un’azione calmieratrice sul costo del metano e dell’energia pensa anche Gaetano Torrente, responsabile commerciale dell’omonima azienda conserviera: «Siamo preoccupati in quanto non sappiamo né come andrà la prossima campagna della raccolta lugliosettembre, né come oscillerà il costo dell’energia che tuttavia non sarà il solo rincaro». Torrente spiega che «abbiamo chiuso in questi giorni i contratti per acciaio, vetro e banda stagnata con aumenti che oscillano tra il 20% per il vetro e il 50% per le lattine. È una situazione insostenibile che si sta scaricando anche nelle campagne - conclude -, dove alcuni produttori stanno scegliendo di non effettuare la semina e dedicarsi ad altro».

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