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22 Luglio 2022 - 16:18
ROMA. La Corte di Appello del Vaticano ha condannato in via definitiva l'ex presidente dello Ior Angelo Caloia per aver “svenduto” ufficialmente, per poi fare la “cresta” sul prezzo rincarato effettivamente riscosso, parte del patrimonio immobiliare dello stesso Istituto per le Opere di Religione. La vicenda fu rivelata dapprima dall'agenzia Reuters, che il 6 dicembre 2014 dava la notizia che il pubblico ministero vaticano (promotore di giustizia) aveva sequestrato 16 milioni di euro nei conti correnti bancari dell'ex presidente dell'Istituto per le Opere di Religione, Angelo Caloia, del direttore generale Lelio Scaletti, scomparso il 15 ottobre 2015, e del suo avvocato, l'Avvocato Gabriele Liuzzo, oggi 98 anni, in seguito ad una indagine interna sulla vendita, tra il 2001 e il 2008, di 29 edifici di proprietà dello stesso istituto. L'allora portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, confermò, in una nota del 7 dicembre, sia l'apertura di una indagine “per una ipotesi di peculato”, sia il sequestro “a scopo cautelativo” dei loro conti, e precisava che “il problema è stato presentato alla Magistratura dello Stato della Città del Vaticano dalle stesse autorità dello Ior a seguito delle operazioni di verifica interne avviate lo scorso anno”. L'indagine interna era stata effettivamente disposta dall'ultimo presidente dello Ior nominato da Benedetto XVI, il tedesco Ernst von Freyberg (marzo 2013-luglio 2014), che commissariò un audit esterno che rilevo come su iniziativa di Caloia e Scaletti lo Ior vendette 29 immobili tra Roma, la provincia di Roma, Milano e Genova e, riportava sempre Reuters citando l'ordine di sequestro, “svalutarono il valore” e, secondo l'accusa già allora formulata, “ricevettero la differenza tra il reale prezzo di vendita e l'ammontare ufficialmente registrato separatamente e spesso in contanti”.
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