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15 Dicembre 2023 - 15:03
Il Fondo sanitario nazionale nel 2024 salirà a quota 134,1 mld segnando una crescita di 10 miliardi in 10 anni anche grazie agli incrementi programmati per l’emergenza Covid ma il finanziamento resta il più basso tra i paesi Ocse i cui dati ci dicono anche che il 25 per cento della spesa complessiva (circa 180 miliardi) nel nostro Paese per circa 40 miliardi scorre fuori dall’alveo della Sanità pubblica ed è comprata dai cittadini nel privato per evitare lungaggini e liste di attesa e ottenere cure migliori e in tempi brevi.
Il fondo sanitario italiano cresce, dunque, ma un cittadino su quattro non ha accesso alle cure pubbliche e se può mette mano al portafogli o si protegge stipulando una polizza assicurativa o ricorrendo ad altre forme di intermediazione. Uno scenario che configura un Governo della Salute che in Italia si allontana sempre più dal recinto della Sanità pubblica abbracciando nei fatti e nei numeri un sistema misto.
E’ quanto emerge dal confronto webinar a più voci promosso da Motore Sanità tra clinici, politici, amministratori di Sanità pubblica, dirigenti sindacali, docenti e studiosi di politica ed economia sanitaria provenienti da tutte le regioni. “Più che ragionare in termini di percentuale di spesa rispetto al Pil che fornisce un valore fuorviante – ha spiegato Claudio Zanon (nella foto), direttore scientifico di Motore Sanità – per la sostenibilità del sistema sanitario pubblico dovremmo occuparci di riportare una fetta di quei 40 miliardi pagati dai cittadini di tasca propria nel solco della spesa sanitaria pubblica”.
Obiettivo del webinar stabilire quanto spendiamo realmente per la sanità in Italia e da qui definire quali risorse le Regioni spendono, per quali bisogni, come e con quali esiti. Un impianto, quello del servizio sanitario pubblico, da riformare e modernizzare partendo dai dati che però, per fornire un quadro chiaro della situazione, devono essere – come ha chiarito Vittorio Mapelli, già professione all’Università di Milano - accurati, aggiornati, interpretabili, obiettivi e imparziali e pertinenti alla situazione che si sta cercando di comprendere oltre che validati e omogenei.
Tutti sono d’accordo nel sostenere che la sanità italiana sia sottofinanziata – ha aggiunto Zanon – ma l’elemento centrale di cui tenere conto nel raffronto tra le regioni come anche tra i paesi europei, è la spesa procapite che l’Ocse riferisce a quella che i cittadini fruiscono come servizio pubblico e quella che comprano nel privato, intermediata o meno, che percentualmente risulta la più alta d’Europa. “Le leggi e le riforme vanno fatte ma vanno discusse con chi le deve attuare mentre oggi medici e operatori sanitari le subiscono – ha sottolineato Pierino di Silverio, dirigente medico del Monaldi di Napoli e segretario nazionale dell’Anaao Assomed - in Germania i medici sono scesi in piazza, così in Francia, Spagna, Inghilterra e questo evidentemente prescinde da quanto è investito. E’ il modello di sanità che non regge più ancorato a quando i pazienti erano giovani e acuti da curare in ospedale mentre oggi sono soprattutto cronici”. Ed è stata la senatrice Elena Murelli a chiedersi come sono stati spesi i soldi e con quali esiti e quali bisogni. Su un punto sono stati tutti d’accordo: la spesa sanitaria è un investimento e non un costo.
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