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10 Giugno 2015 - 11:01
Nel 2014 il 26% delle Asl ha ricevuto almeno una segnalazione
ROMA. Legalità non è ancora la parola d'ordine in sanità, anche se qualcosa sembra migliorare. Tra le aziende sanitarie pubbliche, una su 4 (il 26%) ha ricevuto nel 2014 almeno una segnalazione di illecito. Ma in due anni tutte le aziende hanno investito per trasparenza e l'88% ha messo in piedi un meccanismo di monitoraggio del Piano anticorruzione. Un provvedimento troppo spesso percepito come un adempimento burocratico e con nodi ancora da sciogliere. Come quella sull'obbligo di rotazione del personale addetto a 'funzioni sensibili', di difficile applicazione, sia per oggettive carenze di personale, ma soprattutto per professionalità non facili da sostituire.
È il quadro dell'indagine sulla trasparenza in Asl e ospedali, condotta dalla Fiaso e presentata al convegno 'Etica, trasparenza e legalità nelle aziende sanitarie', aperto oggi a Roma. Una rilevazione effettuata su un campione esteso di 78 aziende. Realtà che al 50% percepiscono l'applicazione della normativa anticorruzione come "parzialmente adempitiva-burocratica". Una percezione particolarmente marcata nel 19% delle aziende. Eppure la norma è giudicata efficace. Alla domanda sulla capacità di incidere in futuro sul fenomeno corruttivo, il 47% ha risposto "sufficientemente", il 35% "abbastanza" e il 5% "molto".
Gran parte di Asl e ospedali, inoltre, si è già attrezzata per mettere in pratica il Piano anticorruzione. L'88% ne ha già effettuato il monitoraggio: molte con sistemi informatici tradizionali, alcune inserendo obiettivi specifici nel sistema di budget annuale, altre con controlli a campione, molto poche con un sistema informativo dedicato. L'adozione di una specifica procedura di rilevazione frodi è stata dichiarata dal 73% delle aziende, anche se molte hanno optato per procedure informatiche 'fatte in casa' e solo 3 sono ricorse a un sistema criptato in linea con i criteri della delibera Cipe numero 6 di quest'anno. Nel 58% dei casi è stata prevista una procedura per segnalare miglioramenti organizzativi in funzione della trasparenza e delle legalità. Procedura che nel 60% del campione ha coinvolto i cittadini tramite gli Urp e nel 18% dei casi i dipendenti.
La figura del 'coordinatore dei controlli' è prevista invece solo nel 17% delle aziende, mentre un 'Bilancio sociale' o di missione è stato adottato dal 32% del campione. Riguardo i controlli interni, le maggiori criticità si sono rilevate nell'area delle libera professione intramuraria (13% dei casi), mentre qualche problema è emerso anche nell'attività di ricerca (9%) e nelle aree del personale dipendente e della gestione economico-finanziaria (entrambe con l'8% dei casi). Specifiche attività di controllo sono previste per un po' tutte le aree, con percentuali tra l'81 e il 93%, fatta eccezione per l'attività di ricerca dove tarli procedure sono state comunque avviate dal 78% delle aziende.
Più complessa la situazione nei controlli esterni, dove un 17% dei problemi si è rilevato per quelli sulle strutture convenzionate, il 13% nella vigilanza sulle farmacie private, l'11% nell'attività di sanità pubblica. Rispetto all'attuazione delle misure per la trasparenza, le maggiori problematiche sono state rilevate per la scarsa informatizzazione e i tempi troppo lunghi dei procedimenti, mentre rispetto al Piano anticorruzione le difficoltà maggiori sono state riscontrate nell'applicazione delle rotazione del personale addetto a funzioni sensibili, che per le aziende deve essere comunque prevista nel medio-lungo periodo. L'indagine Fiaso proseguirà con una mappatura dei controlli esistenti, per evidenziare le migliori pratiche da mettere in rete.
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