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NAPOLI NASCOSTA

Un bene da salvare: l'ultimo lampione d'era borbonica

Si fa avanti l’azienda casearia Sorì, ora si attende la risposta della Soprintendenza di Napoli

Un bene da salvare: l'ultimo lampione d'era borbonico

NAPOLI. Pochi osservatori attenti, e innamorati del periodo storico che ha visto Napoli capitale del Regno delle Due Sicilie, si sono accorti che in un angolo del centro storico partenopeo c'è una bellissima lampada d'epoca borbonica. Non si conosce chi ne fu l'artefice, ma incanta per il design e soprattutto perché racconta una storia che attrae sempre più turisti e inorgoglisce ancor più i napoletani.

Questa mattina, la giornalista Carmen Davolo ne ha pubblicato la foto sul suo profilo Facebook, lanciando un appello affinché la Soprintendenza di Napoli tenesse cura della lampada d'era borbonica e affinché uno sponsor ne rendesse possibile il restauro.

«Non è trascorsa nemmeno un’ora dall’appello e l’azienda casearia "Sorì" ha risposto positivamente - annuncia Davolo dalla sua pagina social - I fratelli Antonello e Gaetano Sorrentino si sono detti disponibili a sostenere i costi per il restauro di questa meravigliosa lampada del periodo borbonico. Ora siamo alla ricerca di un restauratore competente e chiaramente il tutto sotto la guida della Sovrintendenza di Napoli».

La risposta di una lettrice è stata: "È una bellissima iniziativa! Sorì vuole fare la sua parte per preservare un pezzo del nostro patrimonio culturale, contribuendo a mantenere vive le nostre radici. Aderiamo a questa campagna con grande impegno dedicandoci al recupero dell'ultima lanterna del periodo borbonico a Napoli, un simbolo che merita di essere valorizzato e restituito alla città". Ma c'è stato anche chi ha criticato "la pubblicità" che si sta facendo alla preziosa lampada. Perché, scrive in risposta il giornalista Giuseppe Giorgio, "stava là da 2 secoli in grazia di Dio...tutti pensavano che fosse della Farmacia...la pubblicità è l'arte di suscitare la domanda. Anche quella dei ladri!".

Insomma, si scontrano sulla lampada borbonica due linee di pensiero. C'è chi si vuole adoperare per salvaguardarla dal degrado e dall'abbandono e chi si frappone al progetto - invocando l'ignoranza soprattutto dei malintenzionati - temendo che ora possa essere alla mercé di chi fa guadagni illeciti sottraendo ciò che appartiene alla cultura della città.

«Spero che il restauro vada in porto e che non si creino malintesi - riflette Carmen Davolo - Il periodo borbonico e ogni traccia storica, artistica e architettonica che lo testimonia mi è molto caro, in quanto il mio avo, Vincenzo Criscuolo, fu il comandante della nave "Messaggero" che condusse in Francesco II di Borbone e la moglie Maria Sofia Wittelsbach di Bavierada Napoli a Gaeta il 6 settembre 1860. Vincenzo Criscuolo era il padre della mia bisnonna. Da lì, in famiglia, mio padre ci ha sempre raccontato tanti aneddoti risalenti a quel drammatico viaggio verso Gaeta. Sono vicende che appartengono alla storia della mia famiglia e che sono state tramandate nei racconti da padre a figlio. Mio padre, Leopoldo Davolo mi ha quindi orgogliosamente legato alla storia del nostro passato, che abbiamo tutti il dovere di mantenere alto nella memoria collettiva. Perché, a differenza di come ci hanno decritto: brutti, sporchi e cattivi, quello del Regno delle Due Sicilie è stato un periodo veramente glorioso per Napoli. E abbiamo il dovere di tutelare tutto quello che ancora lo rappresenta. Perciò, confido nella buona volontà di chi prende a cuore anche una piccola e solitaria traccia che ci rappresenta qui in città e nel mondo».

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