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il teologo
02 Novembre 2024 - 19:11
Il teologo monsignor Nicola Bux
NAPOLI. "Oggi siamo immersi in un mondo al contrario in cui c'è una strumentalizzazione e inversione dei termini: il brutto diventa bello, il vero diventa falso e il male diventa bene... questa è la premessa fondamentale di sedicenti artisti che rappresentano anche la Chiesa come luogo dell'orrido". Sono parole dure quelle che il teologo, monsignor Nicola Bux riferisce al regista Paolo Sorrentino per l'interpretazione che in Parthenope ha dato alla fede dei napoletani e al miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro.
"La liquefazione del sangue di San Gennaro è simbolo di resurrezione. Il santo patrono di Napoli dona ai suoi fedeli la prova che non siamo fatti per la morte ma per la vita eterna. Il sangue è simbolo di vita e sciogliendosi rende visibile questo: non finisce tutto qui sulla terra", aggiunge don Bux. E quando il sangue non si scioglie - per fortuna raramente - i napoletani traggono dal segno un cattivo presagio. "Perché - spiega ancora il teologo - tutti hanno paura dei disastri e della morte. Se il sangue non si scioglie significa che la comunità dei fedeli sta agendo male, che si allontana dalla vita eterna".
Ma la Chiesa corrotta rappresentata nel film Parthenope? "La Chiesa è santa, anche se dov'è l'uomo entrano anche i peccati, ed è innegabile - risponde don Nicola Bux - Però, la verità è che la chiesa ha al suo interno anche tanti santi, come li abbiamo celebrati nella giornata di ieri. E Gennaro è santo. Questa è la verità. L'arte è mimesi della realtà, come dicevano gli antichi, e quindi non può cadere nell'orrrido, nel brutto, nel dileggio. Altrimenti diventa caricatura e diventa offensiva. San Tommaso diceva che la bellezza è splendore del vero, è difficile che una cosa brutta sia vera".
"Il film presenta una visione della religione troppo personale e distante dalla sensibilità comune" afferma Pierluigi Sanfelice di Bagnoli, componente della Deputazione di San Gennaro, proprietaria della Cappella del Tesoro del Santo, che custodisce la tradizione del culto del patrono della città. "Io vivo la mia fede attraverso una sorta di 'età poetica' - aggiunge Sanfelice di Bagnoli - che trovo più rispettosa dell'anima di Napoli. Sorrentino sembra ignorare la profondità spirituale che permea la nostra città, scegliendo un approccio incomprensibile per chi vive questi simboli con devozione".
"Questo film disonora Napoli - afferma il professor Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto - Viene toccata la fede della città e profanato il miracolo del sangue di San Gennaro". E quindi spiega: "E' un film tecnicamente blasfemo, in quanto la blasfemia non è un insulto alle cose sacre. Ovvero, è anche quello, ma blasfemo è mescolare del sacro con il profano, due realtà che devono rimanere distinte. Si dice, infatti, scherza coi fanti ma lascia stare i Santi. Il regista ha fatto una cosa grave mettendo insieme belle scene ma mescolandole con l'osceno". E, per il professor De Mattei, è la "anestesia morale" che si rileva tra i cattolici che "a Napoli dovrebbero organizzare occasioni di preghiera riparatrice per questo scandalo. E' grave, molto grave che non si registrino reazioni del Vescovo e del mondo cattolico".
Stefania Martuscelli, ricercatrice del Cnr e figlia di un altro componente della Deputazione di San Gennaro, ha inviato una lettera aperta ai media, rivolgendosi idealmente alla figura di Partenope. "Ti scrivo a nome di Partenope, ma non di quella di Paolo Sorrentino, bensi' della Partenope millenaria e sempre giovane, sirena nata dalle acque del nostro incantevole golfo". Per la studiosa, il regista descrive la Napoli del film come "sfocata e tormentata" e priva di rispetto verso la storia e le tradizioni che sono "l'anima della città". "Il simbolo di San Gennaro viene profanato - aggiunge - in un modo che giudico offensivo per i credenti e per chi sente Napoli come parte di sé".
Duro anche il giudizio di 'Una Voce Napoli', associazione che promuove la Messa in latino e il canto gregoriano. "Questo film - dice la professoressa Nicla Cesaro - piuttosto che un omaggio alla citta', che si appresta a celebrare i 2500 anni, esprime la sottocultura woke dei radical-chic".
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