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"il caso Parthenope"

«Quel film di Sorrentino lo trovo vigliacco»

Il Vescovo di Ventimiglia-Sanremo alza la voce in difesa della fede dei napoletani. Profanata la chiesa dei Gerolamini

«Quel film di Sorrentino lo trovo vigliacco»

Il Vescovo di Ventimiglia-Sanremo, monsignor Antonio Suetta

Arriva dal Vescovo di Ventimiglia-Sanremo, Monsignor Antonio Suetta, la voce di protesta della Chiesa sulle scene scandalose girate nel tempio dei Gerolamini, per rendere più piccante e blasfemo il film “Parthenope”, di Paolo Sorrentino.
L’Arcidiocesi di Napoli tace. Anzi, dalle colonne della cronaca locale di un quotidiano nazionale, giunge persino la reprimenda dell’Abate della Cappella del Tesoro di San Gennaro, monsignor Vincenzo De Gregorio, ai sacerdoti che parlano del film oltraggioso nei confronti del miracolo di San Gennaro e della fede dei napoletani nel loro patrono.
La condanna del film del regista di “Parthenope” da parte di Monsignor Suetta risuona forte e chiara: «Lo trovo vigliacco».
Eccellenza, ritiene che i cattolici non dovrebbero contribuire a incrementare il botteghino di questo film?
«Le cose della fede, parlo della fede cattolica, ma vale per ogni esperienza di fede, debbono essere trattate con il massimo rispetto. La fede si connette con aspetti essenziali della vita della persona, che, in base a essa, giudica il senso della vita, giudica con i criteri morali le proprie scelte, giudica gli eventi e, nella prospettiva della fede, guarda al futuro. Ogni volta che si ferisce la fede, si ferisce direttamente o indirettamente anche la persona. Farei lo stesso discorso per la sessualità, che oggi è banalizzata e ridotta a bene di consumo. Invece la sessualità è una dimensione dell’uomo e riguarda quell’aspetto relazionale che lo costituisce. Ogni volta che si sporca la sessualità si offende la persona».
È l’operazione che lei riscontra nella pellicola Parthenope?
«Sì. Quando, come nel film di Sorrentino, a proposito del miracolo di San Gennaro le due cose vengono accostate in modo peraltro arbitrario, che niente ha a che fare con la realtà, e in modo offensivo e dissacrante, si fa qualcosa di grave nei confronti della sensibilità delle persone che nella fede si riconoscono».
Ma l’atteggiamento della Chiesa di Napoli, a parte la voce di un parroco coraggioso, è stato finora di totale silenzio. Anzi, l’Abate del Tesoro di San Gennaro ha affermato che del film non si deve parlare, e che i sacerdoti devono tacere perché diversamente si alimenterebbe “il feticismo e il fanatismo” contro il culto di San Gennaro...
«Diciamo che in parte, è un po’ vero. Se si strofina una macchia, la si allarga e spesso nel sistema comunicativo commentare una notizia o stigmatizzare un fatto negativo significa certo difendere la verità e alzare la voce contro situazioni che non debbono essere tollerate, ma c’è l’effetto collaterale che si concorre a creare “il caso” e, quindi, si contribuisce a una involontaria pubblicità. Io credo che occorra avere un giusto equilibrio. Visto che il caso purtroppo c’è, una parola pacata di giudizio sui fatti credo che non sia deleteria, anzi serva ad orientare le coscienze e a dare un contributo culturale alla riflessione».
Qual è il compito degli artisti, ai quali è sempre concesso ogni arbitrio?
«Gli artisti devono essere rigorosi e rispettosi della verità e della sensibilità del pubblico, specie dei giovani, per evitare di trasmettere messaggi fuorvianti. La fede si propone come criterio per decifrare il senso della vita e va trattata con serietà, senza ridicolizzazioni».
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