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Corte Costituzionale
22 Gennaio 2025 - 08:39
Giovanni Amoroso
ROMA. Classe 1949, campano di Mercato San Severino di nascita, romano di adozione, Giovanni Amoroso è il nuovo presidente della Corte Costituzionale. Eletto all'unanimità, all'indomani della decisione della Corte sui referendum, inizia il suo mandato con la tradizionale conferenza stampa proprio parlando di autonomia, unico dei sei quesiti a esser giudicato inammissibile.
«Chiedere “volete o non volete l'autonomia differenziata” in un referendum è un interrogativo “contra Costitutionem”, che non è possibile fare su una norma costituzionale», chiarisce, tornando sulla decisione. Ma il ddl Calderoli così com'è non va bene, afferma, e dopo i rilievi sollevati dalla Corte due mesi fa, va riscritto: «Il perno rimasto richiede la costruzione di un edificio nel rispetto dei criteri e delle dichiarazioni costituzionali già rese nei rilievi della Corte».
La bocciatura dei lep non è un dettaglio, continua Amoroso: «I lep sono proprio il pilastro su cui si regge la legge sull'autonomia differenziata» ed è quello che è «stato investito dalla pronuncia della Corte. Le attribuzioni sono condizionate alla predeterminazione dei livelli essenziali di prestazione attinenti a diritti civili e sociali» spiega, per questo «occorre che il legislatore intervenga e ne ridetermini i criteri per l'individuazione». Di più: «Anche per materie non lep c'è necessità che intervenga il legislatore».
In altre parole: «c'è da ricostruire la base a fondamento della legge». L'autonomia resta un nodo centrale nel dibattito politico, con il governo che si prepara a intervenire con le modifiche e il ministro Roberto Calderoli che si dichiara pronto a lavorare «in pace senza più avvoltoi che mi girano sopra la testa», mentre le opposizioni parlano di progetto «demolito» sul quale sarà il Parlamento a intervenire.
Messa da parte la questione autonomia, Amoroso nella conferenza stampa viene sollecitato su altro, a cominciare dai giudici, quattro, che ancora mancano alla Consulta e per l'elezione dei quali è fissata in Parlamento una nuova votazione in seduta comune, giovedì prossimo. «L'auspicio è che il collegio della Corte sia reintegrato nel suo plenum quanto prima - afferma -. La Corte però non è menomata per il fatto che ha lavorato in 11, perché lo prevede la legge».
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