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LETTERA AI LETTORI
21 Maggio 2025 - 09:14
Cari amici lettori, sia Papa Leone sia Donald Trump appaiono seriamente impegnati per raggiungere la pace in Ucraina. La strada è ancora lunga, ma soltanto dilettanti dell’informazione potevano immaginare che il primo colloquio telefonico fra Trump e Putin producesse un immediato cessate il fuoco. Si tratta, in ogni modo, di un grandissimo passo avanti, assolutamente inimmaginabile quando alla Casa Bianca c’era un Biden apertamente offensivo con il Cremlino e ugualmente ricambiato. Il cammino dalla pace alla guerra è durato sei anni e quello dalla guerra alla pace non può durare sei ore. Non va sottovalutato, d’altra parte, l’impegno completo di Leone XIV, il quale non si è limitato a una generica invocazione della pace, ma si è detto disponibile a promuovere e ospitare i negoziati.
Quello che dovrebbe essere neutralizzato è l’impegno dell’Eliseo in favore del proseguimento della guerra. Macron ha racconto consensi della Germania, della Polonia e della Gran Bretagna, ma opportunamente Giorgia Meloni ha mantenuto l’Italia fuori da questo movimento bellicista. Anche l’Unione Europea dovrebbe abbandonare quelle politiche che, sia pure intese ad avvicinare la pace, in realtà la allontanano: mi riferisco alle sanzioni contro la Russia, delle quali l’esperienza ha evidenziato l’assoluta inutilità. Anche su questo punto, bene ha fatto Giorgia a negare il voto dell’Italia.
Ora dobbiamo solo sperare che le trattative dirette abbiano un completo inizio e si arrivi in tempi ragionevoli, anche se non brevi, a una soluzione, che soddisfi il più possibile entrambe le parti. La Russia non dovrà pretendere l’annessione di territori ancora più vasti di quelli occupati né l’Ucraina il ritorno alla mappa precedente il 1914. Ben più improbabile è una pace in Terrasanta. Trump insiste nell’idea, in sé ragionevole, di trasferire altrove, se non tutti, almeno un milione degli abitanti di Gaza: ora si parla di una sistemazione in Libia. Ragionevole in sé, ho detto, ma non molto verosimile. Nessuno sembra disposto a sopportare il peso di questa immensa invasione.
La Libia, poi, è in perpetua guerra dopo l’uccisione di Gheddafi (guaio organizzato dalla Francia, al solito) e questo rende piuttosto improbabile che qualcuna delle parti in lotta accetti questa forzata immigrazione. Meno inverosimile è perfino il programma di Israele, consistente nell’eliminazione di Hamas; tuttavial’esperienza insegna che queste organizzazioni terroristiche, anche se distrutte, rinascono, magari mutando nome. Il successo dell’operazione militare israeliana, il trasferimento della sovranità su Gaza da Hamas ad altri e l’entrata in vigore dei patti di Abramo dovrebbero, in ogni modo, assicurare a Israele un periodo di tranquillità. A condizione, ovviamente, che l’Occidente reprima gli irragionevoli movimenti antisionisti e, soprattutto, i molti terroristi, organizzati o sparsi, che insudiciano tutte le Nazioni.
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