Cerca

sanità

Medici di base, la parola passa alle Regioni

Ai governatori la possibilità di reclutare personale sanitario come dipendenti inquadrati come dirigenti

Medici di base, la parola passa alle Regioni

ROMA. Una riforma attesa da anni è in arrivo per i medici di famiglia, destinata a modificare radicalmente il loro rapporto con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). La novità principale, frutto di un documento di quattro pagine messo a punto dalle Regioni, prevede un doppio canale: i medici potranno scegliere di diventare dipendenti del Ssn o di mantenere il loro status di convenzionati. Per quest'ultimi, però, saranno introdotti «obblighi normativamente cogenti» riguardo al «debito orario» e alle «prestazioni da garantire».

Queste nuove disposizioni verranno sottratte alla contrattazione collettiva, sia nazionale che locale, con l'obiettivo di «assicurare l'effettivo avvio delle strutture e dell'organizzazione prevista dal Pnrr». In pratica, i medici convenzionati dovranno dedicare parte delle loro ore settimanali a lavorare nelle nuove Case e Ospedali di comunità, strutture finanziate con tre miliardi di euro nell'ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

LA SPINTA DELLE REGIONI E I PRINCIPI DELLA RIFORMA. La decisione di rompere gli indugi e accelerare la riforma arriva su sollecitazione del Ministro della Salute, Orazio Schillaci, e della premier Meloni. Le Regioni hanno così elaborato una proposta definita «auspicabile», la cui necessità era emersa con forza già durante la pandemia di Covid-19. Un primo documento per la riforma era stato redatto dalle Regioni nel settembre 2021, evidenziando la necessità di superare le «criticità del convenzionamento» dei medici di famiglia, un sistema che comporta accordi collettivi lunghi e complessi. L'idea era di sostituirlo con regole chiare e attività esigibili, ma, come ricorda il documento "riservato" firmato dai tecnici regionali, «nessuna riforma ha visto la luce per la caduta del Governo dell'epoca» (quello Draghi).

Ora, le nuove proposte, condivise informalmente dal presidente delle Regioni Massimiliano Fedriga con i governatori e presentate al ministro Schillaci, richiederanno un intervento normativo, probabilmente un decreto legge. Le Regioni intendono recuperare i principi che prevedono che «l'assistenza medico generica e pediatrica è prestata dal personale dipendente o convenzionato» del Ssn. Da qui la richiesta dei governatori di approvare «una norma che riformi la materia» rendendo quei principi «effettivamente esigibili».

I PUNTI CHIAVE DELLA NUOVA PROPOSTA: DALLA FORMAZIONE AI COSTI. Il documento delle Regioni articola la riforma in dieci punti chiave. Tra questi, spicca la possibilità per le Regioni di scegliere il reclutamento di medici per le cure primarie come veri e propri dipendenti, inquadrati come dirigenti medici nel contratto dell'area Sanità. Si manterrebbe anche l'attuale sistema di convenzionamento, ma con la possibilità per i medici convenzionati di passare alla dipendenza. Un altro punto fondamentale riguarda la formazione post laurea, che diventerà universitaria, superando l'attuale sistema su base regionale. L'ultimo punto, e tra i più spinosi, riguarda la definizione delle "ricadute economiche complessive della riforma", con la previsione della loro copertura integrale.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Il Roma

Caratteri rimanenti: 400

Logo Federazione Italiana Liberi Editori