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l'analisi
26 Maggio 2025 - 10:04
Massimo Coppola
C’è qualcosa che non funziona se in una sola settimana, e nella sola Campania, sono stati destinatari di ordinanze restrittive ben tre sindaci in carica, e per motivazioni di corruzione e dintorni. Ferme ovviamente tutte le possibili evoluzioni che le indagini potranno auspicabilmente riservarci, e le ragioni che ciascun indagato potrà portare a proprio discarico, il fenomeno è di quelli che lascia storditi. I primi cittadini sono – dovrebbero essere – coloro che segnano l’impronta per la propria comunità, coloro i quali, in modo visibile ed invisibile, indicano la traiettoria da seguire all’amministrazione che da essi dipende negli orientamenti fondamentali; ed trasmettono un’etica, attraverso adeguaticomportamenti, alla comunità che li ha posti là dove si trovano, vale a dire ai vertici dell’organizzazione cittadina.
Non sono e non sarò mai un giustizialista. Da avvocato ho potuto intendere, in esperienze assai concrete e palpabili, a quali prevaricazioni può prestarsi l’azione penale e le indagini che la corredano. E del resto non c’è necessità di svolgere la mia professione per sapere quanto la storia del nostro Paese è stata costellata d’abusi della funzione investigativa e quali conseguenze essi abbiano prodotto nefande per gli sviluppi della vicenda politica ed istituzionale. Epperò, pur tenendo conto di tutto ciò, pur tenendo conto della necessità di mantenere alta la guardia nei confronti degli esiti delle investigazioni sul personale politico italiano – e soprattutto, pur tenendo conto che quanto si legge negli atti d’indagine è di frequente, troppo di frequente poi smentito dalla verità storica – l’ultima vicenda sorrentina lascia straniti.
Sorrento, si sa, è comune che in passato ha registrato molte esperienze giudiziarie negative a carico dei propri primi cittadini. Troppo frequenti i casi di gravi illeciti, troppi sindaci che hanno non buona prova di sé. È anche però una realtà ricca, fatta di operosissimi imprenditori e commercianti, baciati dalla fortuna d’un territorio unico per le proprie attrattive naturalistiche, storiche, culturali, da sempre meta d’un qualificato turismo, meta di intellettuali, miliardari, visitatori provenienti dalle più disparate comunità. È un luogo evidentemente favorito dalla fortuna, un piccolo paradiso terrestre. Quanto le cronache raccontano, però, pone dei problemi di fondo non dappoco. È stato nei giorni scorsi arrestato il sindaco in carica, un avvocato. Questi, per quel che se ne sa – i dati oggettivi forniti da tutti i media, son quelli che riferisco – è stato preso per aver ricevuto una tangente di circa €6.000 nel corso di una cena in un ristorante del luogo; intascata, ed immantinente spartita con un suo collaboratore in debite proporzioni, all’interno dei servizi igienici del locale. Sempre le medesime indagini avrebbero appurato che un tale –certo ‘Lello il sensitivo’, al quale il sindaco aveva in un primo momento affidato l’incarico della comunicazione del comune, poi ritirato per reazioni locali non esattamente di apprezzamento –sarebbe stato uomo di fiducia del ‘primo cittadino’: e, per conto di quest’ultimo, in tanto delicata funzione avrebbe premurosamente custodito presso la propria abitazione in Terra di Lavoro, oltre 160.000 € in contanti, d’incerta provenienza.
Parrebbe storia degna di figurare tra le pagine d’un ottocentesco feuilleton, mentre purtroppo sembrerebbe essere realtà dei nostri giorni. Si deve certamente usare, come si sta usando, il tempo condizionale, poiché siamo nella fase delle indagini. A quel che se ne sa, l’un tempo fido collaboratore del sindaco (il quale ultimo, accusato un malore, s’è avvalso della facoltà di non rispondere), si sarebbe prontamente trasformato in collaboratore della giustizia, asserendo che la somma percepita e amichevolmente condivisa con il politico sarebbe il frutto d’una ‘mazzetta’, insomma d’una tangente legata ad appalti comunali, peraltro ascrivendola ad episodio d’un giro di ben più latitudinarie dimensioni. Ma, formulate tutte le possibili riserve, qualche osservazione non può mancare, ed attiene al costume della politica.
Lascia a dir poco sorpresi – e si confida che le cose davvero non stiano nei termini univocamente riferiti ad oggi – che nell’anno di grazia 2025 il primo cittadino d’una delle più amene località italiane, la cui fama traversa l’intero globo ed attrae turismo da ogni dove – e che già in epoca romana costituiva meta delle più esclusive aristocrazie dell’Urbe – possa anche soltanto lontanamente concepire di ricevere una volgarissima mazzetta all’interno d’un ristorante da un imprenditore ed appaltatore del municipio, spartirla con un proprio collaboratore nella toilette e bellamente poi tornare alle proprie funzioni di guida inconcussa dell’Amministrazione.
Sorrento è una realtà planetaria per l’assolutezza del valore estetico di cui è emblema: di Sorrento non c’è analogo al mondo ed è per questo che ha guadagnato la sua universa fama. L’inestetismo del gesto del primo cittadino – sempre che sia stato effettivamente compiuto, e soprattutto in questi termini – è qualcosa che ripugna, che dimostra un senso dell’inconsapevolezza del ruolo disimpegnato davvero abissale. Chi ha l’onore di guidare un’amministrazione come quella della Città di Sorrento, dovrebbe parimente interiorizzarne l’onere e regolarsi in maniera corrispondente ed appropriata, ben sapendo su quale scenario universale agisce: agire, termine carico di significato per l’uomo pubblico.
Ben sapendo, o dovendo sapere, che ogni suo gesto, non è il suo gesto, è il gesto del sindaco di Sorrento e farà per questo il giro del mondo, se non adeguato al ruolo: si costituirà immediatamente in gesto esemplare, coprendo d’ignominia – o di fama – l’intero Paese e divenendo veicolo d’infamia efficace quanto non molti altri, lasciando traccia duratura, nella memoria e nel giudizio che sotto di essa scorre. E questo deve far pensare sui limiti della democrazia pura: non ognuno può candidarsi a svolgere certi compiti, sarebbe necessario superare determinateprove, avere attraversato un certo cursus. Temi grossi, questi, ma non per questo d’accantonare con atteggiamento di disincanto, bensì da sottoporre a dibattitto, serio ed elevato. Dunque, a veder come stanno le cose, meglio lasciar perdere.
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