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Alfa-Mannosidosi: screening neonatale e diagnosi precoce

Così si possono individuare i pazienti a rischio e avviare un trattamento tempestivo

Alfa-Mannosidosi: screening neonatale e diagnosi precoce

ROMA. Diagnosi precoce, screening neonatale (attualmente esteso per legge a 49 patologie rare ma ce ne sono altre 10 in attesa di decreto attuativo della legge quadro nazionale e che hanno tutte possibilità di cura), transizione tra età pediatrica e adulto, presa in carico di pazienti e accompagnamento durante tutto l’arco della vita: a parlare di malattie rare e ultrarare, come la Alfa Mannosidosi, che non è ancora sottoposta a screening pur esistendo un test ad hoc per la diagnosi e soprattutto una terapia è Giuseppe Limongelli, docente di cardiologia della Vanvitelli e responsabile del Centro di coordinamento regionale campano per la Malattie rare intervenuto Roma ad un focus dedicato all’alfa Monnisidosi, un evento organizzato da Motore Sanità in occasione della Giornata nazionale dell'Alfa-Mannosidosi, dedicata alla sensibilizzazione e alla promozione della conoscenza di questa malattia rara, con il contributo non condizionante di Chiesi Global Rare Diseases.
“L’alfa Mannosidosi – avverte Limongelli - in Campania riguarda solo 3 pazienti adulti e un quarto bambino di recente purtroppo morto, su una platea di pazienti che, a livello nazionale, è formata da una trentina di casi diagnosticati e seguiti. Il fatto nuovo è che da alcuni anni esiste una cura per questi pazienti he, se intercettati alla nascita, possono migliorare molto la loro storia di vita. La legge – suggerisce Limongelli - dovrebbe prevedere un meccanismo semplificato per estendere i test alle patologie per le quali sono disponibili delle terapie. Si tratta di patologie con una prevalenza molto bassa, meno di 1/ un milione in ma che al pari di altre sempre molto rare ma magari più frequenti se hanno una opportunità di cura non è etico trascurarle”. Le cure sul piano clinico sono attuate da Antonio Barbato, internista della Federico II: “Si tratta di pazienti che seguiamo da anni di cui due con forme medio gravi e uno con una forma molto invalidante. Certamente se questi pazienti avessero avuto una diagnosi neonatale avrebbero potuto attenuare l’evoluzione della malattia”. “Il nostro obiettivo – aggiunge ancora Limongelli – è poter attuare un progetto pilota su questa patologia”.
La Regione Campania ha recentemente riorganizzato la rete per le malattie rare che assiste circa 40 mila pazienti con un nuovo piano regionale, che prevede un centro di coordinamento presso l’Azienda dei colli (diretto e coordinato appunto da Daniele Limongelli), 22 centri di eccellenza riconosciuti a livello europeo e dislocati in 6 ospedali campani a cui vanno aggiunte circa 150 unità operative riconosciute come centri riferimento in 10 ospedali e sui territori delle Asl Napoli 1 e di Salerno che, negli ultimi anni, sono entrate nella rete sempre più ad estensione territoriale. A breve anche l’Asl di Caserta entrerà a far parte della rete malattie rare della Campania. La regione può inoltre contare su un Centro per lo screening neonatale ben organizzato presso la Federico II che si avvale dei laboratori presso il Ceinge e di un centro clinico discolato presso la pediatria della azienda policlinico Federico II con 45 patologie ad oggi oggetto di screening neonatale esteso.
Oggi, le persone che sono affette da Alfa Mannosidosi possono accedere ad una terapia enzimatica specifica, grazie alla quale viene reintegrato l’enzima mancante, così da ridurre l’accumulo di sostanze a livello lisosomiale. La patologia colpisce diversi organi, diventa quindi fondamentale una corretta presa in carico del paziente da parte di un team multidisciplinare, dall’infanzia all’età adulta, con un coordinamento che ne assicuri continuità terapeutica, assistenziale, riabilitativa e psicologica.

“L’alfa-mannosidosi – aggiunge ancora Giuseppe Limongelli, direttore del Centro di coordinamento Malattie Rare Regione Campania
è una malattia ereditaria ultra-rara, con 1-2 casi stimati su milione di abitanti. I sintomi sono molteplici, possono variare sensibilmente da paziente a paziente, e modificarsi con la crescita. Alla nascita i bambini possono essere del tutto normali ma progressivamente possono manifestarsi deficit neurologici con una progressiva disabilità intellettiva, anomalie scheletriche con macrocefalia e tratti grossolani del volto, deficit uditivo, ridotta funzione immunitaria. Talora, i sintomi sono sfumati e/o sottostimati, ed il sospetto diagnostico tarda sino all’età giovanile o nell’adulto. Come tutte le malattie rare ed ultra rare, il sospetto diagnostico da parte di un pediatra, un medico di medicina generale o uno specialista è fondamentale per indirizzare il paziente ai centri di coordinamento regionale per malattie rare per indirizzare percorso regionale/interregionale, o direttamente nei centri di riferimento regionali per patologie metaboliche e lisosomiali, dove iniziare il percorso diagnostico. Un sospetto, e quindi, una diagnosi precoce è di fondamentale importanza, in quanto permette una presa in carico globale ed un inizio di terapia tempestivo per migliorare la qualità di vita e prognosi di queste persone. Vista la complessità della patologia, è di fondamentale importanza una presa in carico multispecialistica per trattare tutti gli aspetti clinici e gestire le complicanze. Terapia comportamentale con psicomotricità e logopedia, fisioterapia, gestione delle infezioni orecchio medio, protesi in caso di deficit uditivi, chirurgia ortopedica ne rappresentano un esempio. Tutto questo richiede una organizzazione delle reti sia a livello dei centri di riferimento universitari e dei principali ospedali della rete, sia a livello territoriale, dove è fondamentale che il paziente e la famiglia ritrovino punti di riferimento e servizi organizzati per una reale ed estensiva presa in carico”.

“Lo screening neonatale esteso è fondamentale per tutte le patologie che hanno una insorgenza pediatrica, un trattamento disponibile, un test di screening sviluppato e un progetto pilota con esito positivo realizzato nel nostro paese – ha poi aggiunto Annalisa Scopinaro, Presidente UNIAMO - in questi casi è fondamentale far partire le procedure burocratiche che portano all'inserimento nel panel della specifica patologia. Il sistema di screening italiano è un programma, che prevede non solo informazioni prima e dopo il parto, ma anche una presa in carico dei bambini risultati positivi, con l'instradamento in percorsi di cura e assistenza delineati all'interno dei centri di competenza per le malattie rare. All'interno di questi percorsi è idealmente assicurata una presa in carico olistica, con team multidisciplinari e l'accesso alle terapie di cui hanno bisogno. Ad oggi è limitato ad alcune categorie specifiche di patologie: malattie metaboliche, lisosomiali, immunodeficienze primitive e neuromuscolari e si è caratterizzato prima con progetti pilota regionali, poi con una sperimentazione strutturata scandita dalla Legge 167/2016, che appunto garantisce l'indagine su ben 49 patologie, unico esempio in Europa di un numero così ampio”.
Ma la procedura di inserimento nel panel è ancora molto farraginosa: passa al vaglio di un Gruppo di lavoro specificatamente costituito (e non rinnovato a fine 2024); poi alla commissione LEA e inserita nel decreto LEA. Con aggiornamenti LEA così sporadici non sono garantiti sufficienti diritti per i bambini che avrebbero tutte le carte in regola per poter essere sottoposti al test. “Auspichiamo che questo sistema possa essere almeno parzialmente rivisto” conclude la Scopinaro

“La diagnosi precoce nell’alfa-mannosidosi è fondamentale, poiché permette di intervenire tempestivamente con terapie efficaci, migliorando la prognosi e la qualità di vita dei pazienti. È essenziale aumentare la consapevolezza della classe medica su questa patologia rara, favorendo l’identificazione di pazienti affetti soprattutto nelle forme mild e attraverso la rivalutazione di casi non diagnosticati con fenotipo simile come, ad esempio, nei pazienti già indagati per mucopolisaccaridosi. L’utilizzo di nuovi strumenti diagnostici, come l’Intelligenza Artificiale, può accelerare e ottimizzare il processo di riconoscimento della malattia, riducendo il ritardo diagnostico che ancora oggi grava sui pazienti. Pertanto, è cruciale formare i medici, a livello universitario e post-universitario, sui cosiddetti red flags, quei segni e sintomi chiave – come ritardo mentale e disturbi motori progressivi – facendo rientrare nel ventaglio diagnostico anche le malattie lisosomiali. Come affermava Henri Bergson, ‘L’occhio vede solo ciò che la mente è preparata a comprendere’: senza una conoscenza adeguata, anche i sintomi più evidenti rischiano di essere trascurati. Oggi disponiamo di terapie efficaci, come la terapia enzimatica sostitutiva e il trapianto di midollo, che hanno dimostrato miglioramenti clinici significativi, ma il loro successo dipende da una diagnosi tempestiva, possibilmente attraverso lo screening neonatale. Per una gestione ottimale della malattia, è indispensabile inoltre una rete multidisciplinare, in grado di affrontare le comorbidità e accompagnare il paziente in un percorso di cura personalizzato. Solo riducendo il ritardo diagnostico e sfruttando le nuove opportunità terapeutiche potremo davvero modificare la storia clinica dell’alfa-mannosidosi, garantendo ai pazienti e alle loro famiglie una vita migliore”, ha raccontato Antonio Barbato, Medico Specialista Interno UOSD Emergenze Mediche – DAI Onco-Ematologiche, Anatomia Patologica e Malattie Reumatiche, AOU Federico II Docente Scuola di Specializzazione in Medicina Interna, Università di Napoli Federico II.

“Crediamo fortemente nello screening neonatale come uno degli strumenti più potenti che abbiamo oggi per cambiare la storia naturale di molte malattie rare e ultra-rare, inclusa l’alfa-mannosidosi. Riuscire a identificare la patologia nei primi giorni di vita non è solo un vantaggio clinico: è un atto di responsabilità verso i pazienti e le loro famiglie. Significa poter avviare tempestivamente un percorso terapeutico, rallentare la progressione della malattia, ridurre le complicanze e migliorare significativamente la qualità di vita. Ma significa anche dare risposte rapide in un momento di grande incertezza, paura e solitudine, in cui le famiglie spesso si sentono invisibili o senza punti di riferimento. Il nostro impegno come Chiesi Global Rare Diseases è proprio quello di contribuire alla costruzione di una rete solida, accogliente e competente, che accompagni i pazienti sin dall’inizio del loro percorso e faccia sentire le famiglie meno sole. Collaborazioni come quella con Motore Sanità rappresentano per noi un’occasione concreta per promuovere cultura, costruire alleanze e contribuire a un cambiamento strutturale che metta al centro le persone con malattie rare sin dal primo respiro.”, ha spiegato Alessandra Vignoli, Vice President, Rare Diseases, Cluster Mediterranean and Global Portfolio Strategy Head AIM Chiesi GRD.

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