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povertà educativa
03 Agosto 2025 - 09:09
NAPOLI. I recenti dati dell'indagine Piaccs dell'Ocse dipingono un quadro allarmante per l'Italia, che si posiziona come fanalino di coda tra i 31 paesi europei analizzati per le competenze cognitive degli adulti. Un dato particolarmente preoccupante emerge dalla spaccatura tra Nord e Sud del Paese: mentre a livello nazionale poco meno della metà della popolazione adulta è considerata "low performer" (con un basso livello di competenze), nelle regioni del Sud, inclusa la Campania, questa percentuale raggiunge il 60,4%. Questa "povertà educativa" è particolarmente accentuata tra gli adulti e riflette lo stato di salute dei contesti lavorativi. Le imprese nel Centro e nel Sud Italia, e quindi anche in Campania, mostrano un livello di innovatività inferiore.
Come spiega Orazio Giancola, professore associato dell'Università Sapienza di Roma, «le imprese meno innovative sono anche quelle che fanno meno formazione. Si crea una trappola di lavoro povero da un punto di vista economico, ma anche cognitivo». Questo innesca un circolo vizioso: poche competenze acquisite a scuola, mancanza di formazione sul lavoro e scarsa "manutenzione" delle competenze, alimentando un meccanismo che si autoalimenta nel tempo e nello spazio. Il ruolo del contesto familiare e le disuguaglianze giovanili, con un focus sulla campania. Nonostante il quadro generale sia critico per gli adulti, lo scenario migliora leggermente per le fasce più giovani: le persone tra i 16 e i 24 anni ottengono punteggi più alti in termini di competenze rispetto alle altre fasce d'età.
Tuttavia, anche qui le disuguaglianze persistono, con i giovani residenti nel Sud Italia, e in Campania, che ottengono ancora punteggi inferiori rispetto ai coetanei di altre regioni. Il contesto familiare di provenienza gioca un ruolo cruciale nel determinare il livello di competenze di una persona. I dati Ocse mostrano che i figli di famiglie culturalmente svantaggiate tendono ad avere bassi livelli di istruzione e competenza. Chi ha almeno un genitore con istruzione terziaria ottiene risultati significativamente migliori rispetto a chi ha genitori con un'istruzione secondaria superiore. Questo divario si tramanda di generazione in generazione, poiché, come afferma Giancola, «un adulto educativamente povero sarà a sua volta un genitore povero dal punto di vista educativo».
Le disuguaglianze emergono con forza al momento della scelta del percors o scolastico superiore. Quasi il 90% dei figli provenienti da contesti socio-culturali elevati tende a frequentare il liceo, mentre le classi sociali inferiori prediligono le scuole professionali, spesso per ragioni legate a costi e benefici percepiti. «È in questa fase che esplodono le disuguaglianze», sottolinea Giancola. A peggiorare ulteriormente il divario è la disponibilità di servizi culturali e scolastici sul territorio. Nel Sud Italia, e di conseguenza anche in molte aree della Campania, il numero di biblioteche per abitante è tendenzialmente molto più basso, così come la presenza di teatri e cinema. Questa carenza di servizi, unita al background familiare, che si trova in alcuni quartieri periferici di Napoli, crea un "effetto scia": un basso livello di competenze individuali si riflette in un basso livello di competenze del territorio, portando a un «sprofondamento di tutto il tessuto culturale e sociale».
I "Punti Luce" e Progetti per contrastare la povertà educativa. Per contrastare questa esclusione sociale giovanile, sono attivi diversi progetti. Tra questi, spicca Doti (Diritti e Opportunità per Tutte e Tutti) di Save The Children, e i "Punti Luce" che offrono attività culturali gratuite di qualità, quali corsi di musica, sport, robotica e accompagnamento allo studio, intervenendo sia sul singolo che sulle comunità educanti di riferimento. «È in qualche modo un intervento di giustizia sociale riparativa», spiega Melissa Bodo, responsabile dell'area povertà educativa di Save the Children.
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