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VEROLI

Tornano a casa due opere del 600 trafugate dalla Concattedrale

Ritrovate dopo 45 anni in Belgio

Tornano a casa due opere del 600 trafugate dalla Concattedrale

VEROLI. Sono riemersi lontano, tra il mercato antiquario di Londra e una collezione privata in Belgio, dopo anni di silenzio e di passaggi oscuri. E da lì, grazie a un paziente lavoro investigativo, hanno finalmente ripreso la strada di casa. I due angeli portacandele in bronzo del XVII secolo, trafugati dalla Basilica Concattedrale di Santa Maria Salome di Veroli, sono tornati nel luogo per il quale erano stati creati. Il recupero è stato possibile grazie alle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano e condotte dai Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, che l’8 ottobre scorso hanno individuato e sequestrato le opere in Belgio. Decisivo il confronto con la Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti, che ha consentito l’identificazione certa dei due bronzi, censiti anche nel Catalogo Generale dei Beni Culturali. La restituzione ufficiale alla comunità verolana con una cerimonia solenne, presso la Basilica di Santa Maria Salome, alla presenza dell’Arcivescovo delle diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino e Anagni-Alatri, del Sindaco di Veroli, delle autorità civili e militari e dei funzionari della Soprintendenza. Le due sculture, alte 74 centimetri, sono attribuite alla Fonderia Pozzo, espressione della scultura lombarda tardo barocca. Angeli simmetrici, realizzati per essere collocati ai lati di un altare, con le torce rivolte verso il centro, in uno stile già proiettato verso quel “barocchetto lombardo” che avrebbe segnato la fine del Seicento. Un patrimonio di valore storico, artistico e devozionale che oggi torna finalmente visibile.

Poi, nel silenzio carico di emozione della Basilica, la parola è passata a padre Angelo Oddi, rettore del tempio e anima di una battaglia iniziata anni fa. «È un recupero di un patrimonio artistico importante che viene restituito alla gente», ha detto con voce ferma ma commossa. Gli angeli erano scomparsi molto prima del furto denunciato ufficialmente.

«Risalgono al Seicento e sparirono probabilmente già intorno agli anni Ottanta – ha spiegato –. Furono portati a Frosinone per una mostra e poi non tornarono più». Una ferita profonda, che ha spinto il rettore a non rassegnarsi. «Tutti parlavano di questi angeli, erano parte della nostra identità. Decisi di fare la denuncia perché quelle sono le nostre radici, la nostra storia. Qui conservavamo ormai quasi niente». «Questa chiesa è stata violata nel corso degli anni – ricorda don Angelo –. Mancavano circa 90 opere. Ho realizzato persino calendario degli oggetti scomparsi, per non farli cadere nell’oblio. Non basta denunciare: bisogna tenere viva la memoria». Quando i Carabinieri gli hanno comunicato il ritrovamento, l’emozione è stata travolgente. «È stato come un miracolo. Sono rimasto commosso. Pensavamo di non ritrovarli più, erano lontani persino dal ricordo»

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