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23 Febbraio 2015 - 20:02
È quanto scrive la prima sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza sul caso amianto
ROMA. Il reato di disastro contestato all’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny nel processo Eternit risulta prescritto «antecedentemente alla pronuncia della sentenza di primo grado». È quanto scrive la prima sezione penale della Cassazione, nelle motivazioni della sentenza sul caso amianto. La consumazione del reato di disastro, spiegano infatti i giudici di piazza Cavour, «non può considerarsi protratta oltre il momento in cui ebbero fine le immissioni delle polveri e dei residui della lavorazione dell’amianto prodotti dagli stabilimenti della cui gestione è attribuita la responsabilità all’imputato: non oltre, perciò, il mese di giugno dell'anno 1986, in cui venne dichiarato il fallimento delle società del gruppo, venne meno ogni potere gestorio riferibile all’imputato e al gruppo svizzero e gli stabilimenti (tra i quali quello di Bagnoli a Napoli ndr), cessarono l’attività produttiva che aveva determinato e completato per accumulo e progressivo incessante incremento la disastrosa contaminazione dell’ambiente lavorativo e del territorio circostante».
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