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19 Dicembre 2018 - 13:06
Presidio davanti Montecitorio, Paolo (File): «Di Maio e Fico burattini di Casaleggio». Giulietti e Lorusso (Fnsi): «Tagli inaccettabili». Verna (Odg): «Non si tradisca la Costituzione»
di Marco Carboni
ROMA. Federazione nazionale della stampa italiana in piazza, davanti Montecitorio, per protestare contro il taglio dei contributi all’editoria previsto nella manovra economica. «È un presidio simbolico, a poca distanza dal palazzo in cui ha sede l'ufficio del sottosegretario con delega all’Editoria, Vito Crimi, per esprimere il dissenso della categoria per il taglio dei fondi per i giornali minori», la posizione del Sindacato unitario dei giornalisti. Il presidente Giuseppe Giulietti sottolinea che «diciamo “no” all’emendamento alla legge di Bilancio che prevede di arrivare entro quattro anni alla cancellazione definitiva di ogni contributo, quindi che colpirà, per usare l’espressione del presidente Mattarella, le voci delle diversità e delle differenze. Si incomincia con il fondo dell’editoria, poi Radio Radicale, poi toccherà ai fondi dell’emittenza e delle agenzie. L’obiettivo è cancellare le voci critiche, per consentire che l’informazione si faccia solo in rete e senza domande. Questo non è accettabile». Giulietti evidenzia che «non è un'aggressione alla corporazione dei giornalisti, ma all’articolo 21 della Costituzione e al diritto dei cittadini di essere informati. Ci appelliamo al Presidente della Repubblica affinché nelle prossime ore eserciti nei modi e nelle forme possibili un’attenta vigilanza perché questo scempio non vada a compimento. Sono centinaia e centinaia i posti di lavoro a rischio, molti dei quali precari». Il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, si rivolge ai parlamentari della maggioranza: «Non possiamo consentire che interi territori perdano le loro voci. Se passa il taglio all’editoria minore le prossime ad essere colpite saranno le agenzie e le emittenti locali». Dal canto proprio Carlo Verna, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, ribadisce che «se passasse questo emendamento sarebbe un tradimento all’articolo 21 della Costituzione. Un colpo di spugna a chi ha diritto ora ad essere sostenuto per spostare i fondi a chi sarà in futuro meritevole, secondo il Governo, di essere aiutato. Ai singoli parlamentari dico: “Pensaci, Giacomino”. Nessuno dice che l’attuale meccanismo del contributo non si possa migliorare. Ma questo non significa togliere fondi ad alcune voci e darli ad altri. E poi, altri chi?». Paolo Borrometi, presidente di Articolo 21, è chiaro: «Con questi tagli si vanno a colpire i giornali locali, che sono l’ossatura dell’informazione del Paese. Così si mette a rischio la possibilità per i cittadini di informarsi. Il giornalismo deve svolgere la funzione da cane da guardia della democrazia e deve essere nelle condizioni di fare questo lavoro». Duro anche il direttore del Roma, Antonio Sasso: «Sono arrivate solo tante promesse. Ma noi siamo in piazza perché bisogna pensare, oltre che ai giornalisti, anche ai poligrafici, agli amministrati e agli edicolanti. Migliaia e migliaia di posti che sarebbero messi a rischio se passasse questo emendamento. Con una testata come il Roma, la più antica del Mezzogiorno, che rischia di chiudere dopo sei anni di sacrifici. Perché vorrei ricordare ai signori politici che i giornalisti della cooperativa non guadagnano più di 1.300-1.400 euro al mese. Dal canto proprio, Roberto Paolo, vicedirettore del Roma e presidente della Federazione italiane liberi editori, è chiaro: «In Campania ci sono sette testate che vivono anche di contributi come il Roma, il Sannio, Cronache di Caserta, il Quotidiano del Sud, Il Golfo, Metropolis e Cronache di Napoli. In Campania ci sarebbe solo una testata come Il Mattino, fatta di valentissimi professionisti ma che in una regione di quasi sei milioni di abitanti mi sembra un po’ poco. Siamo giornalisti per lavoriamo e siamo soci della nostra cooperativa e facciamo parte della Federazione assieme ad altre associazioni». Paolo, poi, aggiunge: «Siamo qui davanti al Parlamento e a pochi passi da Palazzo Chigi perché pensiamo che le decisioni che ci riguardano vengano prese qui. Ma in queste settimane siamo giunti alla conclusione che almeno per quanto riguarda il Movimento 5 Stelle le decisioni vengono prese dalla Casaleggi Associati, che ha scritto la norma per l’editoria. I rappresentanti politici sono solo dei burattini che prendono ordini. Il primo è Luigi Di Maio. Il secondo, e mi duole dirlo, è il signore che presiede la Camera, Roberto Fico, che poche settimane prima delle elezioni era stato ospite in redazione al Roma e aveva garantito che i contributi alla cooperative non sarebbero stati toccati. Pochi giorni fa ha cambiato idea. Cosa è successo? Ha ricevuto ordini dalla Casaleggio Associati. Ma i cattivi non sono solo loro, perché senza la Lega non potrebbero nemmeno approvare un regolamento condominiale. Ebbene, nelle scorse settimane un signore che si chiama Alessandro Morelli aveva assicurato che l’emendamento presentato alla Camera e ora riproposto al Senato non sarebbe mai passato. Ebbene, oggi la Lega lo approva. E lo fa perché evidentemente ha ricevuto qualcosa in cambio in nome di un patto inconfessabile».
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