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16 Febbraio 2019 - 14:11
L'incendio, che ha coinvolto circa 20 costruzioni, ha provocato la morte di un cittadino senegalese di 29 anni
Fiamme nella baraccopoli di San Ferdinando, a Gioia Tauro. L'incendio, che ha coinvolto circa 20 costruzioni, ha provocato la morte di un cittadino senegalese di 29 anni, Ba Moussa. Il corpo del ragazzo è stato ritrovato carbonizzato durante le operazione di spegnimento delle fiamme da parte dei Vigili del Fuoco. Secondo le prime ricostruzioni, il tentativo di scaldarsi sarebbe stato all'origine dell'incendio: le fiamme si sarebbero poi propagate con facilità visti i materiali, legno e plastica, con cui sono costruite le baracche.
VERTICE - Durante il vertice il Prefetto ha richiamato ''l'importanza di attuare politiche attive di integrazione e inclusione nel tessuto socio economico della Piana di Gioia Tauro - si legge in una nota - attraverso forme di accoglienza diffusa, anche ai sensi dell'art. 40 del Testo unico sull'immigrazione, così come convenuto nelle riunioni che si sono susseguite in Prefettura''. Erano presenti il Questore Raffaele Grassi, il comandante provinciale della Guardia di Finanza, Flavio Urbani, il vice comandante dell'Arma dei carabinieri Stefano Romano, il sindaco di San Ferdinando Andrea Tripodi e il rappresentante di Vigili del Fuoco, Carmelo Triolo.
SALVINI - Il vicepremier ha intanto fatto sapere che la baraccopoli sarà sgomberata: "L’avevamo promesso e lo faremo, anche perché illegalità e degrado provocano tragedie". Per gli extracomunitari di San Ferdinando con protezione internazionale, "avevamo messo a disposizione 133 posti nei progetti Sprar. Hanno aderito solo in otto (otto!), tutti del Mali - dice Salvini -. E anche gli altri immigrati, che pure potevano accedere ai Cara o ai Cas, hanno preferito rimanere nella baraccopoli. Basta abusi e illegalità".
IL VESCOVO - Il vescovo di Oppido-Mamertina-Palmi, mons. Francesco Milito, denuncia che queste morti "sono troppe, non c'è più tempo da perdere: è indegno di un Paese civile". Non è la prima volta che accade. "Bisogna agire con la massima urgenza - dice all'AdnKronos - perché la cosiddetta emergenza è diventata sistema. Adesso non c'è più tempo da perdere: quattro morti sono troppi. Il nome di tendopoli poi è persino nobile perché a San Ferdinando c'è 'cartopoli', 'plasticopoli'. E' indegno che si ospitino i nostri fratelli in queste condizioni . L'unica cosa da fare è intervenire urgentemente, con efficacia".
RETE CARITAS - Il vescovo preferisce non commentare la reazione del ministro dell'Interno ma riflette sul rischio tensioni in un luogo dove si sono già state altre vittime del degrado: "Sto dicendo da anni che bisogna intervenire sul luogo per restituire dignità a chi ci vive. I morti sono troppi. Chi conosce questi luoghi va a casa con una sofferenza estrema. Non è più tempio di parole". Poi racconta che la Chiesa è da sempre mobilitata e sta facendo la sua parte: "Sta facendo moltissimo, c'è una rete di Caritas diocesane che danno man forte; senza dimenticare il lavoro di tante altre realtà associative e l'opera silenziosa portata avanti di tanti sacerdoti. La politica faccia la sua parte, ma qui il problema è etico: parliamo di nostri fratelli, non ci sono persone di serie A e di serie B".
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