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2015, ANNUS HORRIBILIS PER I SINDACI CASERTANI

2015, ANNUS HORRIBILIS PER I SINDACI CASERTANI

Da aprile a novembre 11 fasce tricolori della provincia spedite a casa

Un mese alla chiusura dell’anno solare e la provincia di Terra di Lavoro si appresta a stabilire un primato per niente invidiabile. Lasciamo agli storici e agli statistici del settore l’incombenza  di verificare se di record si tratta, ci limitiamo ad osservare che 11 sindaci – da aprile a novembre – sono stati esautorati dalle loro cariche. Colleghi di amministrazione, tribunali o istituzioni sovrastanti hanno letteralmente decimato la provincia e – nota curiosa – stritolati nella betoniera sono finite anche le quattro città più popolose. Caserta, Aversa, Marcianise e Santa Maria Capua Vetere tutte insieme accomunate alle altre più piccole da disgrazie amministrative e dal ritorno alle urne in primavera. Variegati i motivi che hanno mandato a casa le fasce tricolori, ma ovviamente come in tutti i casi in cui si verificano queste ‘diversità di vedute’ ciascuno sostiene le proprie ragioni scaricando sugli elementi opposti le responsabilità delle paralisi amministrative. In tutti i casi si assistono ai soliti teatrini della politica sempre più incapace di dare delle risposte e molto spesso messa all’indice con l’accusa per chi ha raggiunto il traguardo solo per coltivare l’orticello personale a scapito degli interessi della comunità.

Ad aprire la black list è il Comune di Curti. Il 25 aprile del 2014 Michele Di Rauso, vicesindaco della amministrazione uscente, incoronato dall’ex primo cittadino e consigliere regionale Domenico Ventriglia quale suo successore, riesce ad ottenere una vittoria risicatissima – solo un voto di scarto – su Antonio Raiano. Le contestazioni di quest’ultimo – specialmente relative alla sezione numero 5 – portano gli organi competenti a ricontare le schede. Constatati inoppugnabili errori di attribuzione di consensi, si decide salomonicamente di annullare le elezioni e dopo appena undici mesi (23 aprile 2015) il comune di Curti si ritrova orfano del sindaco. Per Ventriglia, bocciato nel frattempo nella corsa a Palazzo Santa Lucia, si potrebbero riaprire le porte del Municipio.

Il primo a pagare invece lo scotto della sfiducia della propria maggioranza è stato Angelo Crescente, eletto a Capodrise il 18 maggio del 2011 e sfiduciato da sette consiglieri (su 12) il 17 aprile scorso. L’accusa dei cospiratori era dettata dal fatto che ormai il primo cittadino viaggiava da solo senza tener conto degli input  suggeriti dai suoi collaboratori mentre Crescente ribatteva che ai firmatari della sfiducia premevano solo interessi di bottega, ai danni della comunità. Un refrain che tornerà sistematicamente anche in altri casi della nostra analisi.

Il 3 giugno si consuma il dramma di Pio Del Gaudio e la caduta dell’amministrazione comunale della città capoluogo insediatasi il 15 maggio del 2011. Fiumi di inchiostro sono stati versati per sviscerare le problematiche che hanno interessato Palazzo Castropignano e a nulla sono serviti tutti i tentativi di Del Gaudio per tagliare il traguardo della scadenza naturale del mandato. L’ex delfino di Angelo Polverino trovò al suo insediamento una situazione catastrofica al punto tale che uno dei suoi primi atti di una certa entità fu quello di dichiarare il dissesto finanziario dell’Ente e da buon commercialista si mise di impegno per riuscire nell’impresa. Ma il tutto è stato vanificato da quella che lui ha definito una congiura di palazzo per spedirlo a casa. E ci vollero due tentativi da parte dei registi dell’operazione in quanto il primo – ancorché legittimo nella sostanza – fu inficiato da disinvolte manovre nella forma fino a renderlo nullo con sommo gaudio del buon Pio. Ma ormai il dado era tratto e nel volgere di pochi giorni a Del Gaudio fu recapitata la destinazione dell’esilio: casa sua.

Di tutt’altra natura lo scioglimento del consiglio comunale di San Marcellino e quello di Villa di Briano. Il primo andava a scadenza naturale nella prossima primavera ma ad aprile il primo cittadino Pasquale Carbone optava di scendere nell’agone per le elezioni regionali e così doveva rassegnare le proprie dimissioni. Stessa motivazione per Dionigi Magliulo, sindaco di Villa di Briano il cui insediamento si era avuto invece nella primavera del 2012.

Il 4 agosto si registra la scossa tellurica che manda a casa il sindaco di San Prisco Antonio Siero. Il suo vice Luigi Cinotti, tre consiglieri della maggioranza uniti ai cinque dell’opposizioni firmano la sfiducia. Alla base della decisione la mancata adesione da parte della fascia tricolore alla richiesta di un rimpasto in giunta. Il primo cittadino ribatteva che non vi era più un rapporto fiduciario col suo numero due  in quanto operava  in modo del tutto autonomo e che altri esponenti dell’esecutivo non erano più compatibili con incarichi di giunta.

Ad inizio settembre è decapitata anche l’amministrazione della seconda città della provincia. I continui dissidi tra Giuseppe Sagliocco e la sua maggioranza di centrodestra inducono dieci consiglieri comunali di Aversa a dimettersi ed in pratica non partecipare all’ultima seduta utile del civico consesso per l’approvazione del bilancio entro i termini stabiliti. Il tre di settembre il dottor Mario Rosario Ruffo assume il comando delle operazioni in Piazza Municipio. Anche per la città normanna l’esperienza si chiude in largo anticipo in quanto il prossimo appuntamento elettorale era previsto per il 2017.

Sedici mesi di vita per Antonio Merola eletto sindaco a Sparanise il 25 maggio 2014 e sfiduciato il 24 settembre ultimo scorso. Da tempo in dissidio col primo cittadino, il presidente  del consiglio Luigi Marchione convince ad assommare alle firme dei quattro consiglieri di opposizione Sorvillo, Lo Greco, L’Arco e Monfreda anche quelle dei suoi fedelissimi Sclama e Mandara. La sentenza è stata firmata presso lo studio del notaio Decimo di Santa Maria Capua Vetere.

Altro sindaco stoppato poco prima del traguardo della scadenza naturale è quello di Castel Morrone, Pietro Riello. Ed anche per lui scatta la mannaia dei suoi adepti che dopo quattro anni si rendono conto che non possono più ‘aderire alla gestione politica, amministrativa e finanziaria del primo cittadino. Nel caso di Castel Morrone, oltre ai naturali voti dell’opposizione, sono significativi i dissensi della più alte cariche del consiglio  – in seno  alla maggioranza – vale a dire il vice sindaco, il presidente dell’organo e l’assessore all’Urbanistica. 

Ad Antonio De Angelis, sindaco di Marcianise, eletto il 26 maggio del 2013, spetta un primato davvero singolare. Nel corso del suo mandato durato 24 mesi ha rassegnato almeno una mezza dozzina di volte le proprie dimissioni. Un medico decisamente dalla salute cagionevole in considerazione delle motivazioni addotte in ciascuna occasione. Ma al di là della pura ironia il suo regno è stato molto tormentato. Alla fine hanno prevalso le ragioni dei 14 consiglieri (su 24) che al termine dell’ennesimo contrasto amministrativo hanno tagliato la testa al toro e il 26 ottobre si sono recati presso lo studio del notaio Provitera di Caserta. Anticipando questa volta il tentativo di prendere ancora tempo da parte del sindaco desideroso di beneficiare dei 20 giorni ulteriori concessigli da un ennesimo ricorso alle dimissioni volontarie.

Dulcis in fundo – storia della settimana scorsa – arriva lo scioglimento anche del comune di Santa Maria Capua Vetere. ‘Disse il pappece alla noce: dammi il tempo che ti spertoso’. L’antico proverbio napoletano si è attuato nella città del Foro. E così il lavorio continuo ai fianchi di Biagio Di Muro da parte dei vari Leone, Valiante, Salzillo,  Campochiaro e tutti gli altri ha dato i frutti sperati. Da tempo in bilico, il primo cittadino ha cercato di salvare la faccia e la fascia, districandosi sempre tra mille rivoli. Alla fine anche il Partito Democratico – con Giuseppe Stellato suo competitor al primo turno - lo ha mollato e dopo vari tentativi andati a vuoto, domenica mattina il notaio Di Caprio è stato chiamato agli straordinari aprendo il suo studio ai dissidenti sammaritani.

Uno scenario a quanto si vede apocalittico. Undici comuni che uniti ai diciotto che vanno a scadenza naturale fanno delle amministrative della prossima primavera un banco di prova di rilevanza fondamentale sia per i partiti politici tradizionali, sia per le varie associazioni del territorio che si candidano a governare le rispettive città. Ora tutti sono alle prese coi programmi, con le promesse, con la scelta dei candidati senza macchia e senza peccato da presentare al popolo. Ma finché non sarà estirpata alla base la concezione malsana di chi si propone con una faccia e poi ne manifesta un’altra, anche in futuro saremo costretto allo squallore che ha caratterizzato questo 2015. 

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