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06 Giugno 2020 - 18:17
Le inchieste sullo scandalo senza fine dell’agricoltura campana sembrano un girone infernale. De Luca ha sempre reputato l’agricoltura una barzelletta, un settore negletto, la sua concezione dell’agricoltura è legata al concetto di un mondo arcaico, che non deve produrre reddito, che non deve impegnare capitali. L’intento di De Luca, in questo aiutato dalle organizzazioni agricole, che non fiatano e sono complici della devastazione del mondo produttivo (prima fra tutti l’inutile Coldiretti) è quello di eliminare l’agricoltura dallo scenario della Campania. Se ci fosse una opposizione seria in Regione ne avremmo viste delle belle, invece silenzio assoluto, e intanto migliaia di aziende agricole muoiono, sono in crisi, De Luca è riuscito bene a radere a zero il settore primario, grazie alla sua inattività (espressa bene con la caparbia volontà di eliminare l’assessorato, unica regione al mondo) e grazie alla totale inadeguatezza dei dirigenti, persone incapaci e del tutto inadeguate. Un trionfo, che paghiamo e pagheremo a caro prezzo.
Delle tante (forse troppe) tipologie di misura del PSR Campania, le più attese e partecipate sono sicuramente la 4.1.1 per l’ammodernamento aziendale e la PIG, cluster delle misure 6.1.1 e 4.1.2, per il primo insediamento dei giovani in agricoltura. Queste due misure sono quelle che, per la loro genericità e le convenientissime aliquote di contributo, hanno raccolto il maggior numero di adesioni. A causa di un incomprensibile e fallimentare modus operandi, mentre nelle scorse programmazioni queste tipologie di bando (i nostalgici ricorderanno la 4.8 e la 4.15 prima e la 121 e il cluster dopo) sono state aperte più volte con finestre temporali di due, tre mesi che si alternavano a congrui periodi di chiusura, stavolta si è deciso di aprire i bandi appena due volte per periodi già di per se stessi ridicolmente lunghi, ulteriormente prolungati da proroghe oppure, quando è intervenuta il senso della decenza a vietare di utilizzare questo sostantivo, da slittamenti e periodi di perfezionamento.
Programmare più aperture ha consentito negli anni ai tecnici privati di organizzare il lavoro di progettazione negli studi, a quelli dell’Assessorato di smaltire istruttorie, pagamenti e collaudi, alle aziende di pianificare interventi concreti e coerenti con le proprie necessità, badando più a raggiungere i propri obiettivi di sviluppo che il punteggio alto. Già, il punteggio. Tutto questo si traduceva in un minor numero di pratiche presentate per ogni periodo di apertura, pratiche caratterizzate da un livello qualitativo della progettazione molto alto necessario per poter passare sotto la lente di ingrandimento di istruttorie molto approfondite, scrupolose, con i tecnici regionali messi nelle condizioni di poter – giustamente – fare quello per cui sono pagati e cioè entrare nella sostanza delle valutazioni imprenditoriali dell’investimento al fine di restituire una graduatoria che fosse veramente di merito.
Di contro, la scelta scellerata della Regione di concentrare le aperture del bando in appena due finestre ha finito con l’abbassare spaventosamente la qualità delle pratiche presentate, soprattutto nella seconda apertura, con i tecnici più impegnati a trovare l’escamotage per rafforzare il punteggio che a prestare la propria preziosa opera di consulenza. Ecco, di nuovo il punteggio, sempre il punteggio, per forza il punteggio. Alla prima apertura della misura 4.11 la Regione ha inizialmente destinato ben 28 milioni di euro ma si è trovata ad avere a che fare con un alto numero di istanze, 581 delle quali alla fine sono risultate ammissibili per una richiesta totale di ben 108 milioni di euro. Per evitare il malcontento la Regione decise di impegnare ulteriori fondi destinando ulteriori 80 milioni. Fin qui sembrerebbe tutto bene, con una Regione che riesce ad accontentare tutti i partecipanti ma non è proprio così: quando la coperta è corta, se la tiri per coprire la testa, finisci per scoprirti i piedi.
E così quando nell’ormai lontano agosto del 2017 la Regione pubblica il secondo bando sulla misura 4.1.1 fa un all-in da appena 64 milioni di euro. La situazione già prima della chiusura del bando era chiara tanto è vero che l’allora consigliere delegato Alfieri si affrettava a dire in ogni sua uscita pubblica che quello in corso sarebbe stato l’ultimo bando della misura 4.1.1 per “i soldi sono finiti” salvo poi prorogare, far slittare, far perfezionare. Il 3 maggio 2018, dopo 9 mesi di apertura nei quali si è assistito a un proliferare di FAQ, chiarimenti, circolari, alla pubblicazione (a bando abbondantemente aperto) del prezzario per i costi massimi delle macchine e della relativa rettifica, si ha avuta la reale misura del problema: inviate migliaia di domande per una spesa complessiva richiesta più di cinque volte maggiore della dotazione messa a bando. La situazione che la Regione è chiamata a gestire è semplicemente ingestibile e infatti non viene gestita. Nei corridoi degli ispettorati si alternano le proiezioni improbabili alle previsioni catastrofiche: con i soldi a disposizione sarà possibile pagare le domande fino a 70 punti, forse addirittura 75 non di più.
Nel marasma delle graduatorie che si pubblicano così, “tanto per…”, su disposizione del neoinsediato Caputo, inizia a crescere il malcontento dei tanti agricoltori che vivono come una ingiustizia il vedere la propria pratica non finanziata nonostante il punteggio di tutto rispetto solo perché i fondi sono stati spesi per accontentare tutte le pratiche in graduatoria, anche quelle con quaranta punti, nel bando precedente. La Regione inizialmente fa spallucce: i soldi a disposizione sono pochi, le domande tante, si cerca di fare il possibile ma per i miracoli ci stiamo ancora attrezzando. Ma man mano che diventano sempre più pressanti (ed evidenti) le segnalazioni di punteggi oltremodo gonfiati e di domande “anomale”, la bardante sicurezza della Regione inizia a venir meno: bisogna “trovare altri soldi”, sono queste le parole d’ordine. Di fare “pulizia”, tanto per cominciare, non se ne parla proprio; in una Regione nella quale si è in perenne campagna elettorale e i fondi comunitari servono anche per mandare segnali ai territori, scontentare un potenziale beneficiario vuol dire scontentare un potenziale elettore e quindi è fuori discussione. Bisogna trovare i soldi, punto.
E come fare se la famigerata coperta è corta? Facile, ci si copre con una nuova coperta. Si chiede a Bruxelles di poter finanziare il tutto iniziando a spendere sin da ora i soldi della prossima programmazione, qualcosa come – a seconda del giorno - 300, 400, 500 milioni di euro tanto per iniziare, con i quali sarà possibile accontentare le pratiche fino a 60 punti e magari, perché no, tutta la graduatoria del primo insediamento! Facile, no? Sì, fin troppo. Ma il problema resta perché a causa della scarsa lungimiranza e della totale assenza di programmazione dell’Assessorato si consumeranno due grandi ingiustizie: la prima, dovuta alla diversità di trattamento dei beneficiari del primo e del secondo bando delle misure 4.1.1 e PIG e la seconda, forse più grave, con i futuri potenziali beneficiari della prossima programmazione che vedranno i fondi a loro disposizione già spesi ancor prima di iniziare.
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