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03 Gennaio 2021 - 18:32
NAPOLI. Il nuovo anno inizia nel segno del lutto per le carceri campane. Detenuto per rapina, muore tra le mura del carcere di Santa Maria Capua Vetere dopo aver subito, meno di sette mesi fa, un attacco di cuore. Da quel momento, nonostante le proprie precarie condizioni di salute, non è riuscito a ottenere gli arresti domiciliari per potersi curare, o comunque essere meglio seguito dai sanitari, e adesso i suoi familiari chiedono di avere chiarezza e giustizia. È questa la storia di Renato Russo, 53enne di Arzano, il primo deceduto nelle carceri della regione nel 2021.
L’uomo, tramite il proprio avvocato difensore, aveva già presentato due istanze di scarcerazione, ma il tribunale di Sorveglianza non ha mai accolto le richieste. Russo si trovava ristretto nel penitenziario casertano dove stava scontando la condanna a 6 anni e 8 mesi di reclusione che gli era stata inflitta per una rapina di cui aveva sempre negato la paternità. Il suo arresto risale alla primavere del 2015 ma la situazione precipita sette mesi fa, quando a causa di un infarto viene trasportato d’urgenza in ospedale: «Dopo aver subito un delicato intervento chirurgico, è stato quasi subito riportato in carcere, ma il suo calvario era appena iniziato», spiega disperato il fratello Mauro, che aggiunge: «In seguito ha avuto infatti un secondo attacco di cuore. Anche in quel caso era stato portato in ospedale e dopo due giorni di nuovo dimesso e riaccompagnato in cella.
L’ultimo contatto che abbiamo avuto con lui risale al 30 dicembre, quando la compagna ha avuto il colloquio con lui in videocollegamento. Stava male e tossiva in continuazione, ma ha detto che, nonostante la sua esplicita richiesta, nessuno voleva portarlo in ospedale. Questa morte poteva essere evitata e a noi adesso non rimane altro che la nostra rabbia». Appreso della vicenda, si è subito attivato il garante dei detenuti del Comune di Napoli, Pietro Ioia, che senza tanti giri di parole commenta l’accaduto assumendo una posizione netta: «Ancora oggi si continua a morire di carcere e malasanità. È assurdo che le istanze di scarcerazione restino inascoltate anche in casi come questi, con un detenuto affetto da gravi problemi cardiaci. La sanità negli istituti di pena della Campania è oggettivamente di Serie B.
Il ministro della Giustizia si decida a fare qualcosa per risolvere seriamente il problema». Sulla stessa lunghezza d’onda il pensiero di Samuele Ciambriello, garante regionale dei detenuti: «Chiedo giustizia e verità. Per due volte il magistrato competente - spiega - pur essendo Russo cardiopatico e malato, gli ha rifiutato gli arresti domiciliari. Non si può morire in carcere e di carcere. Chi ha sbagliato - aggiunge - deve pagare il suo debito non a prezzo della sua vita. La giustizia è in agonia. Ci vorrebbe un picconatore. Ma quando la politica riprenderà in mano i suoi poteri e i suoi doveri? Adesso è cinica e pavida» conclude. La salma di Renato Russo resta intanto sotto sequestro in attesa che venga eseguito l’esame autoptico e che quindi possa essere consegnata ai familiari. Nel tardo pomeriggio di ieri, intanto, i parenti dello sfortunato detenuto sono tornati all’esterno del carcere di Santa Maria Capua Vetere nelle speranza di riuscire a ottenere almeno un primo chiarimento da parte della direzione.
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