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«Una “soletta" simile al cemento dietro il fenomeno del bradisismo»

«Una “soletta" simile al cemento dietro il fenomeno del bradisismo»

Parla la puteolana Tiziana Vanorio, docente di Geofisica alla Stanford University, che ha conquistato la copertina di “Science” con una ricerca dal carattere rivoluzionario

di Gemma Russo

NAPOLI. Tiziana Vanorio insegna Geofisica alla Stanford University, dove dirige il Laboratorio di Fisica delle Rocce. Flegrea, ha condotto con il proprio team una ricerca sulla composizione del sottosuolo della terra d’origine, arrivando a fare una importante scoperta sul bradisismo, con cui ha conquistato, nell’agosto 2015, la copertina di “Science”, una delle più prestigiose riviste in campo scientifico. In Campania, su un limitato fazzoletto di terra, si susseguono tre complessi vulcanici: Vesuvio; Campi Flegrei; Ischia. I Campi Flegrei sono un’estesa area vulcanica costituita da ben quattro comuni – Pozzuoli, Bacoli, Quarto e Monte di Procida – ma in cui si fanno rientrare, per affinità geologiche, anche dei quartieri di Napoli posti al confine. Ben trentatré vulcani, nati in diverse fasi geologiche, si distribuiscono sull’intero territorio. L’ultimo è datato 1538. Oltre alle eruzioni, è qui presente un vulcanesimo secondario, che si manifesta con fumarole e sorgenti termali, nonché il bradisismo, fenomeno caratterizzato da lenti abbassamenti e innalzamenti del livello del suolo. La incontriamo a Pozzuoli, dove è in visita con 17 studenti della Stanford University.
Come è nata la sua intuizione?
«Casualmente. Le rocce analizzate risalivano alle trivellazioni geotermiche degli anni ’80, fatte a Pozzuoli dall’Eni, con cui collaboravo, in partenariato con l’Enel. In quell’occasione, furono prelevate carote di roccia. Riuscii ad ottenerne dei campioni, che portai con me a Stanford, dove mi recai per un post dottorato. Non c’erano le tecniche odierne, per cui lo studio fu limitato. Trasferendomi in Francia, lasciai quelle rocce in America, dove, dopo una breve parentesi, scelsi di tornare. Quei campioni di roccia sono rimasti in un cassetto del mio laboratorio a Stanford per circa dieci anni. Poi, due anni e mezzo fa, rianalizzandoli, m’accorsi che all’interno c’erano strane fibre. Oggi, ci sono tecniche d’immagine ad alta risoluzione. Così, chiesi a una dottoranda, esperta di mineralogia, di portare con sé, a Chicago, quei campioni per farli analizzare in un laboratorio altamente specializzato. I risultati decretarono quelle fibre minerali essere uguali a quelle che si trovano nel cemento. Ma come? Erano rocce provenienti da una caldera, non c’era nulla d’antropico. Rifacemmo le analisi, con lo stesso risultato. Un collega della Berkeley University, in quel periodo, stava analizzando del cemento romano proveniente da Portus Iulius. Dentro, ci aveva trovato le stesse fibre».
A quel punto?
    «Mi sono messa a studiare, partendo da lontano. Nei propri scritti, Vitruvio spiega il modo in cui i romani facevano il cemento. Seneca parla della polvere di Puteoli, la pozzolana, che a contatto con l’acqua diveniva roccia. Ma questa acqua doveva essere calcarea. Come era quella proveniente dalla porzione di terra in cui era stato fatto il carotaggio? Scrissi all’Eni, per avere accesso ai risultati. Era acqua ricca di calcio. Così, l’idea che mi ero fatta è diventata concreta. Ad alte temperature, l’acqua ricca di calcio risale dal basamento, incontrando lo strato di pozzolana. A quel punto, si innesca una catena di reazioni chimiche, grazie a cui la pozzolana cementifica, formando uno strato molto duttile, una specie di “soletta”, con le stesse caratteristiche del cemento. Ѐ capace di deformarsi ma di resistere».
Questo fenomeno che sta spiegando dove si ha?
    Sotto la cittadina di Pozzuoli. Su questo principio si basa il bradisismo nei Campi Flegrei, paragonabile ad una gaussiana, dove l’apice è collocato circa sotto la città di Pozzuoli. La criticità è riscontrabile all’apice e va scemando gradualmente, man mano che ci si sposta ai lati della campanula. Quello che c’è sotto la gaussiana, è un campo geotermico, paragonabile ad una pentola a pressione. Un chilometro sotto Pozzuoli, c’è questa specie di “soletta”, anch’essa di un chilometro, sotto la quale la variazione di pressione d’acqua e d’anidride carbonica produrrebbe il fenomeno del bradisismo. Questo strato di suolo con fibre di cemento è estremamente duttile e permeabile, capace di deformarsi tanto ma resistere». 
Tutto potrebbe scoppiare da un momento all’altro?
«Si potrebbe fratturare e, come si dice in gergo, “sfiatare”. Veda le fumarole, che in determinati periodi sono tanto attive, mentre in altri sembrano dormienti. Peculiarità del bradisismo non è solo la spinta deformazione, ma anche la sismicità ritardata rispetto all’inizio della deformazione. I micro-terremoti avvengono solo dopo mesi e non hanno elevate intensità, nonostante le ampie deformazioni del suolo. Nell’ultima crisi bradisismica, il suolo ha incominciato a sollevarsi nell’’82, ma le scosse si sono avute solo nel settembre ’83 e poi nell’aprile ’84. Ce ne furono 600 in una sola notte».
Nei Campi Flegrei, la nascita di vulcani e il bradisismo sono fenomeni concatenati?
«Sono processi diversi. Sappiamo che la sismicità dovuta alle deformazioni è a due chilometri. C’è sicuramente una sorgente di calore, una camera magmatica. Dalle tac fatte alla terra flegrea fino ad oggi, è certo che questa non sia posta a quattro chilometri dal suolo. La storia dice che sollevamenti della terra ci siano stati anche prima della nascita di Monte Nuovo. In questo caso, hanno annunciato l’eruzione, determinando la sovrapposizione dei due processi, quello magmatico e quello geotermico.
Quello magmatico come processo potrebbe essere legato al Vesuvio?
    «Potrebbe, ma è solo una ipotesi. Bisognerebbe supportarla con dati diretti. La storia insegna che la natura della terra flegrea è “ballerina” da sempre. Oggi, la difficoltà è che questa zona è densamente abitata. Parliamo di rischio, che è il prodotto tra l’eventualità dell’avverarsi di un determinato evento e la vulnerabilità del territorio. Quest’ultima è dovuta alla densità abitativa e alla tipologia costruttiva utilizzata. Nei Campi Flegrei, ma anche al Vesuvio, con la pericolosità occorre conviverci. Lo si fa conoscendo il territorio e minimizzando il rischio, utilizzando tipologie costruttive adatte alla natura di queste terre. Chissà, magari la risposta potrebbe venire proprio dal sottosuolo». 
    

 

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