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Coronavirus in Campania, la variante fa paura

Coronavirus in Campania, la variante fa paura

NAPOLI. Un caso su 4 di coronavirus in Campania rientra nella cosiddetta “variante inglese”. La percentuale di incidenza, in media con quella nazionale, è attestata al 25%. Lo rende noto la Regione Campania. Il dato emerge dall’indagine mirata avviata per l’analisi dell’aumento dei campioni positivi registrati in Campania nelle ultime settimane, in relazione a possibili varianti del virus. Lo studio di sorveglianza epidemiologica, condotto da Istituto zooprofilattico, Tigem e Cotugno, prende in esame la diffusione territoriale del contagio attraverso il campionamento dei casi positivi, e ha già verificato che la percentuale di incidenza della cosiddetta “variante inglese” in Campania, in media con quella nazionale, è attestata al 25%. Un caso su quattro.

«È questa - si legge nella nota dell’Unità di crisi della Regione Campania - la principale motivazione per mantenere altissima la guardia e per cui si richiede un lavoro ancora più intenso di controllo sui territori e sui contatti diretti dei positivi con variante inglese. È in atto un’azione di monitoraggio costante sulla diffusione di varianti, ed è ancora più urgente che vi siano a disposizione i vaccini necessari per continuare in maniera sempre più massiccia la campagna di vaccinazione in corso».

La variante è più contagiosa dal 30% al 50% rispetto ad «altre varianti non preoccupanti» in circolazione e potrebbe avere una mortalità superiore dal 30% al 70%. È quanto indica il documento redatto dal New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (Nevrtag), il gruppo di esperti britannico che assiste il governo nella gestione della pandemia, e adesso accessibile online. Analizzando i dati di 12 studi indipendenti condotti nel Regno Unito sulla variante inglese, indicata con la sigla B.1.1.7, il gruppo di esperti rileva che i dati non sono definitivi e dovranno essere ulteriormente analizzati poiche’ fra i diversi studi esistono differenze significative. In ogni caso, osservano, «queste analisi indicano che probabilmente la variante B.1.1.7 è associata a un aumento del rischio di ospedalizzazione e morte rispetto all’infezione da coronavirus non dovuta alla variante B.1.1. 7».

Ad oggi non è nota la causa della presunta letalità superiore della variante inglese, ma tra le ipotesi c’è quella di una maggiore carica virale nei pazienti infettati. «Nuovi dati provenienti dal Regno Unito indicano che la variatne inglese è non solo più trasmissibile ma anche più letale. Il rischio potrebbe essere tra il 40% e il 60% in più. La buona notizia è che i vaccini funzionano anche contro questa varaiante e quindi le nostre Rsa e i nostri ospedali sono protetti», commenta Antonella Viola, immunologa dell’università di Padova, su Facebook, esortando dunque «ad accelerare con le vaccinazioni dei soggetti fragili e mantenere bassa la circolazione del virus. Non è il caso quindi di proporre aperture - avverte - e forse andrebbero rivisti alcuni parametri (in senso restrittivo) per decidere come regolarsi nelle varie regioni». «A prescindere da quello che farà il governo, quello che possiamo fare noi - sottolinea l’immunologa - è: 1) vaccinarci quando chiamati 2) usare mascherine Ffp2 negli ambienti chiusi, inclusi negozi e scuole (per strada bastano quelle chirurgiche o anche di stoffa) 3) non organizzare ritrovi in casa con amici o parenti 4) andare al ristorante solo con i propri conviventi 5) evitare sempre di incontrare persone fragili senza le dovute precauzioni (anche i nonni!)».

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