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Rifiuti e clan: reato prescritto per Scialdone, ex direttore Cub

Rifiuti e clan: reato prescritto per Scialdone, ex direttore Cub

Per Antonio Scialdone, direttore del Cub, non fu assoluzione. Lo ha stabilito la seconda Sezione penale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha depositato nei giorni scorsi anche la motivazione del verdetto. Per Scialdone, che era imputato di corruzione elettorale insieme a Fusco Maurizio, capozona del clan dei Casalesi è caduta l’aggravante camorristica ed il reato di voto di scambio è stato dichiarato prescritto. Lo scambio politico-elettorale con il referente del clan effettivamente ci fu, in quanto, per il sostegno elettorale dato alla sorella del direttore, Maurizio Fusco, dipendente del Cub, riceveva in cambio un posto di lavoro per la moglie e uno per il fratello Giuseppe. Un lavoro tra l’altro mai retribuito e la cui richiesta di pagamento costò all’epoca il carcere al Fusco per il reato di estorsione, in quanto si recava a chiedere i compensi che il germano aveva maturato. Le motivazioni depositate lo scorso mese di febbraio fanno anche luce e chiariscono un post che che lo stesso Scialdone aveva postato dopo la sentenza parlando erroneamente di ‘assoluzione’. La decisione del tribunale, inoltre, pur escludendo – come detto - l’aggravante del metodo mafioso, analizza ‘i plurimi rapporti che lo Scialdone ha avuto con personaggi di spicco della criminalità organizzata, il suo ruolo “a disposizione” dell’organizzazione riferita dai collaboratori di giustizia escussi dal Tribunale sammaritano e indicati dalla Dda’. Lo spunto investigativo lo fornisce nel 2010 tale Michele Benincasa, che, in cambio di un contratto da impiegato nel Cub, proprio nella stanza del direttore, raccoglie voti per la sorella Giovanna Lina e per la moglie Michela Pontillo, candidata alle elezioni regionali nel 2010. Tuttavia, il denunciante scopriva poi che il contratto, firmato dallo stesso Scialdone, era un vero falso e che era stato ingannato, e che per il lavoro svolto non riceveva nessun compenso. L’aggravante ipotizzata del metodo mafioso e la misura cautelare derivavano dal fatto che lo Scialdone aveva avuto diversi rapporti con esponenti di rilievo dei clan del casertano, personaggi che poi sono diventati collaboratori di giustizia e che lo descrivono come personaggio ‘a disposizione del clan per fatti illeciti a Vitulazio. In particolare, i collaboratori lo descrivono come persona di Nicola Ferraro, condannato per concorso esterno, che giovanissimo, negli anni Novanta, ne scopre il ‘talento’ e lo introduce nel mondo dei rifiuti dove ne rappresenta gli interessi, sia imprenditoriali che politici. Viene anche indicato interlocutore di Nicola Schiavone, figlio del più noto Sandokan, oggi pentito, i quali come accertato dal processo si incontravano abitualmente proprio presso l’abitazione del Ferraro. A parlare del direttore del Cub è anche Massimo Vitolo, referente dei Casalesi e che al tempo della sua latitanza incontra lo Scialdone per trattare un’estorsione gravante su un imprenditore, amico dell’ex direttore, che all’epoca doveva costruire del palazzi a Vitulazio. Scialdone, in ragione della sua influenza, riesce a spuntare uno sconto sulla tangente e il pagamento in comode rate. Del politico vitulatino ne parla anche il collaboratore Benito Natale circa il ruolo svolto nel nolo degli autocompattatori dei fratelli Orsi, con il placet della famiglia Schiavone, rappresentata da Maurizio Fusco, mezzi consegnati alla DHI, presso la quale l’ex direttore del Cub era consulente. Rispetto ai fatti oggetto del processo, sono stati acquisite anche le dichiarazioni dei pentiti Raffaele Piccolo, Roberto Vargas, Enrico Chierchiello e Francesco Della Corte. Tutti i fatti accertati dal Tribunale, anche per collocazione temporale diversa, non hanno inciso, dal punto di vista dell’aggravante camorristica, sulle vicende elettorali. Tuttavia, secondo il Tribunale, lo Scialdone non può essere assolto, come aveva chiesto la difesa, in considerazione dei fatti che lo hanno riguardato e che, in astratto configurano il reato ma, con l’esclusione dell’aggravante mafiosa, il reato è stato dichiarato prescritto per decorso del tempo massimo per essere giudicato.

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