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Dializzati, scontro con la Regione

Dializzati, scontro con la Regione

Colursi: «Non siamo numeri, si modifichi la delibera che prevede un infermiere ogni cinque pazienti»

NAPOLI. «Il filo al quale è appesa la nostra vita rischia di spezzarsi ulteriormente». Ciro Colursi, presidente dell’associazione Actae che riunisce trapiantati ed emodializzati di Napoli, non usa mezzi termini. E annuncia: «Assieme al altre associazioni stiamo costituendo un comitato di lotta che si chiamerà “Non siamo numeri”. Noi siamo esseri umani e pretendiamo rispetto».

Nel mirino c’è la delibera regionale 189 del 19 aprile scorso con la quale si prevede che si passa da un minimo di un infermiere ogni tre pazienti a uno ogni cinque. Inoltre, la direzione sanitaria, prima obbligatoria per ogni centro e per un minimo di 24 ore settimanali, sarà possibile in due centri per minimo 18 ore.

«La Regione Campania ha preso una decisione senza consultare i sindacati e le associazioni di categoria. Ci è stato detto che le aziende hanno chiesto un aumento delle tariffe dice Colursi -. Tutto questo a noi non ci riguarda, ma non si può arrivare al paradosso che le decisioni sulla nostra vita sono nelle mani di altri». Anche perché, prosegue, «molte persone non sanno che cos’è la dialisi che è terapia subintensiva salvavita. Purtroppo per noi malati è obbligatoria e non si può scherzare sulla pelle dei malati». Il presidente di Actae ricorda che «abbiamo avuto un incontro in Regione, ci hanno assicurato che sarà modificata la delibera. Ma finché non vedo una cosa del genere non ci credo. Con iscritti e altri amici siamo pronti ad andare fino in fondo, anche con denunce alla magistratura se dovessero essercene gli estremi».

Colursi è chiaro: «Noi vogliano che le cose restino come sono ora, con un infermiere ogni tre pazienti. La dialisi porta problematiche come crampi, nausea, ipotensione. Se qualcuno si sente male e un infermiere deve destreggiarsi tra cinque pazienti, il rischio di complicazioni aumenta specie tra anziani e chi ha altre patologie. Tra l’altro, alcune società ci hanno riferito che per le dialisi in emodiafiltrazione, che fanno stare meglio il paziente perché si infondono sali minerali mentre si fa la terapia, stanno prendendo i soldi come le dialisi normali anche se l’Hdf costa di più». Infine: «La Campania è l’unica regione nella quale la dialisi è effettuata per l’80 per cento dai privati e se si chiudessero questi centri occorrerebbero altri 300 posti pubblici perché a Napoli siamo 1.100-1.200 dializzati. Io capisco che ci sono tanti problemi e tanti tipi di patologie che richiedono assistenza. Ma la dialisi, che io vivo sulla mia pelle da 14 anni, non si può saltare perché altrimenti si rischia la vita».

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