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06 Agosto 2023 - 11:16
A Napoli record negativo del Sud in termini assoluti: -329 milioni. L’aumento dei tassi nell’ultimo anno taglia i prestiti: male Caserta, Salerno in controtendenza
NAPOLI. Tecnicamente si chiama credit crunch. Tradotto: si stanno chiudendo i rubinetti del credito alle imprese. Nell’ultimo anno il credito bancario in Campania è diminuito in maniera sensibile, con Napoli e Caserta che sono state le province di gran lunga in maggiore sofferenza.
LA CONTRAZIONE DEL CREDITO. In particolare, solo all’ombra del Vesuvio la contrazione complessiva degli impieghi vivi alle aziende è stata di 328,8 milioni di euro. Soldi in meno che significano, ovviamente, minori investimenti e minori opportunità di crescita economica e occupazionale. Non solo. Il trend ha colpito in maniera diseguale le imprese, penalizzando innanzitutto e soprattutto le più piccole, quelle che hanno meno di 20 addetti.
FINANZIAMENTI A -1,2%. I primi risultati cui è giunto l’Ufficio studi della Cgia, che ha elaborato i dati resi disponibili dalla Banca centrale europea, dicono che a maggio di quest’anno rispetto allo sullo stesso mese del 2022, in termini percentuali la contrazione dei finanziamenti alle imprese è stata pari a Napoli all’1,9%, passando così dai quasi 17 miliardi e 100 milioni del maggio 2022 ai 16 miliardi e 762 milioni del maggio di quest’anno.
NAPOLI PRIMA PER CONTRAZIONE DEL CREDITO AL SUD. Anche se in termini percentuali c’è chi se la passa peggio, in termini assoluti, però, Napoli con i suoi quasi 329 milioni di euro in meno si piazza al primo posto tra le province del Sud continentale ad aver subito la maggiore contrazione del credito per le sue aziende. Si tratta di un calo maggiore di quello patito da Trieste (-290,7 milioni), che pure è maglia nera a livello nazionale in termini percentuali. In Campania a seguire c’è poi Caserta, che nell’ultimo anno ha subito la riduzione di 73,8 milioni di euro, pari all’1,9%. Nella classifica provinciale male anche Avellino, con 24 milioni di euro in meno (23,9, per la precisione), pari ad un calo di finanziamenti alle imprese che in percentuale ammonta all’1,2%.
LA SORPRESA DI SALERNO. La vera sorpresa è però costituita da Salerno, che si segnala in netta controtendenza rispetto alle altre province della regione: nell’ultimo anno, infatti, ha fatto registrare un aumento di finanziamenti alle imprese pari a 183 milioni di euro (per la precisione 182,9), portando il totale degli impieghi da circa 7 miliardi a 7 miliardi e 182 milioni. In termini percentuali l’incremento è una cifra di tutto rispetto: +2,6%.
ANCHE BENEVENTO IN CONTROTENDENZA. In controtendenza si segnala pure la provincia di Benevento, anche se va detto che in questo caso parliamo di volumi che in valori assoluti sono nettamente inferiori: il credito alle imprese è cresciuto di 6,5 milioni e dello 0,7 in termini percentuali. Ad influire su questo trend alla restrizione del credito nell’ultimo anno è stato soprattutto l’aumento dei tassi di interesse che ha contribuito in misura determinante a ridurre il flusso dei prestiti alle attività economiche.
IN SOFFERENZA SOPRATTUTTO LE PICCOLE IMPRESE. Il conto più salato lo hanno pagato, come spesso accade in questi casi, le piccole imprese. Quelle con meno di 20 dipendenti, infatti, hanno subito la riduzione degli impieghi vivi del 7,7%; per quelle con almeno 20, invece, il taglio è stato della metà: -3,8%.
LE IMPRESE SI AUTOFINANZIANO. Va sottolineato che nel periodo della pandemia molte imprese avevano aumentato i risparmi. «Ora che la remunerazione dei depositi è tra le più basse d’Europa e i tassi passivi superano abbondantemente il 4%, tante aziende trovano più conveniente finanziarsi prelevando le risorse allocate nel proprio conto corrente», spiegano i ricercatori della Cgia.
«SI RISCHIA UNA NUOVA RECESSIONE». Quest’ultimo aspetto è confermato dai dati. Nell’ultimo anno, infatti, i depositi bancari delle imprese italiane sono diminuiti del 4,3% (pari a -21,5 miliardi di euro). La conclusione è che ovviamente «il ricorso all’autofinanziamento non potrà durare a lungo e con il forte rallentamento dell’economia mondiale in atto corriamo il pericolo di scivolare verso una nuova recessione».
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