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16 Novembre 2023 - 08:54
Una villetta su due livelli da 400 metri quadrati e un’altra da 120 metri quadrati a Casal di Principe, nel Casertano. Due immobili del valore di 450mila euro intestati alla suocera e alla figlia del killer del clan dei Casalesi Giuseppe Setola (nella foto) sono finiti sotto sequestro a fini di confisca per la sproporzione dei redditi. Gli immobili non erano mai stati accatastati, dunque erano totalmente sconosciuti.
IL DUPLICE OMICIDIO E L’ACQUISTO. Il provvedimento - come ha spiegato il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Pierpaolo Bruni - è conseguenza di una indagine sulle sentenze passate in giudicato, e in particolare sulla condanna definitiva all’ergastolo per il duplice omicidio di Nicola Baldascini e Antonio Pompa, commesso nel 1997 nell’ambito della faida di camorra dei Casalesi. Sempre in base all’ipotesi accusatoria, la villa più grande, dove vivono moglie, figli e suoceri del boss, sarebbe stata acquistata dalla famiglia Setola in seguito al duplice omicidio, mentre quella disabitata era stata costruita nel giro di 9 mesi nel 2008.
L’ARREDAMENTO DEI BOSS. Nella villa di 400 metri quadrati trovano posto anche vasche idromassaggio, camini e altri spazi in marmo e mobili di pregio. Un arredamento tipico dei boss di camorra. Per ora moglie, figli e suoceri di Setola continueranno a risiedere nell’immobile ma se dovesse arrivare la confisca definitiva verranno probabilmente mandati via. La villa, su due livelli e abitata dai familiari di Setola, non è considerata «ai livelli di Schiavone, che si era ispirato a Scarface, ma ha il classico stile sfarzoso dei Casalesi», spiegano gli investigatori. Vasca idromassaggio, camino, marmi pregiati, mura di cinta e arredi costosi dimostrano la ricchezza e la potenza di Giuseppe Setola in quel periodo (fu catturato nel 2009). Oggi, dopo una breve collaborazione e aver ritrattato le sue dichiarazioni, il 53enne capo dell’ala stragista dei Casalesi è detenuto al 41bis nel carcere Opera di Milano dove sconta tre condanne definitive all’ergastolo, tra cui quella per la strage di Castel Volturno. Il procuratore aggiunto Antonio D’Amato ha spiegato che «questa indagine è anche un messaggio ai camorristi: la giustizia arriva sempre anche perché le indagini non finiscono mai».
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