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28 Marzo 2024 - 14:38
I finanzieri del Comando provinciale di Avellino hanno eseguito un'ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali disposta dal gip del Tribunale di Avellino, su richiesta della Procura irpina, nei confronti di 5 persone, di cui 2 in carcere e 3 agli arresti domiciliari. Sono state inoltre eseguite 12 perquisizioni nei confronti di persone fisiche e giuridiche, ed è stata data esecuzione al sequestro preventivo, per un ammontare complessivo di circa 3 milioni di euro, in relazione ai reati di riciclaggio, reimpiego di profitti illeciti ed emissioni di fatture per operazioni inesistenti. I provvedimenti, eseguiti anche con il supporto dei finanzieri appartenenti al Gruppo di Fermo e alle Compagnie di Castellamare di Stabia e di Cava de' Tirreni, giungono ad esito di indagini eseguite dai finanzieri della tenenza di Solofra che hanno permesso di individuare una struttura organizzativa, con base nel polo conciario di Solofra e diverse ramificazioni nelle province di Avellino, Salerno, Napoli e Fermo. Secondo quanto ricostruito, i due destinatari della custodia cautelare in carcere, attraverso prestanome e società cartiere, avevano posto in essere un articolato sistema di frode fiscale, per oltre 45 milioni di euro, mediante un vasto giro di fatture false, trasferendo poi parte delle somme di denaro per circa 1,7 milioni tramite numerose movimentazioni bancarie verso paesi extracomunitari, ed in particolare verso la Repubblica Popolare Cinese.
Gli accertamenti, eseguiti anche mediante la consultazione delle banche dati in uso al Corpo della Guardia di Finanza e l’analisi dei flussi finanziari e delle comunicazioni telematiche, hanno permesso di accertare i molteplici trasferimenti di capitali tra le società coinvolte, effettuando nel contempo diversi cambi di amministratore e cessioni di quote societarie, al fine di allontanare i sospetti da loro e dissimulare i capitali utilizzati. Sulla base degli elementi raccolti è stato possibile ritenere che gli indagati riciclavano i proventi illeciti, utilizzando anche dei contratti fittizi con altre aziende e adottando l’escamotage della “cessione dei crediti”, grazie al quale la società, che rappresentava il centro di interessi primario, non risultava apparentemente coinvolta nel trasferimento delle somme.
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