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26 Aprile 2024 - 09:05
I pentiti e le intercettazioni non convincono fino in fondo e in Cassazione si consuma un inatteso colpo di scena. I giudici di piazza Cavour hanno annullato le condanne a carico di due dei presunti pezzi da novanta del “sistema Sant’Antimo”, lo stesso per il quale sono imputati, ma nel filone dibattimentale, anche i fratelli Cesaro. Tutto da rifare dunque per il ras Amodio Ferriero, cugino e alter ergo del boss Pasquale Puca “’o minorenne”, e il figlio Antonio Ferriero. Il primo è accusato di tre episodi di estorsione e del tentato omicidio del collaboratore di giustizia Claudio Lamino, mentre il secondo “solo” di associazione mafiosa. Ebbene, dopo le condanne incassate nel rito abbreviato e in appello, i due Ferriero, entrambi difesi dall’avvocato Antonio Abet, andranno adesso incontro a un sostanzioso sconto. Gli Ermellini hanno infatti annullato con rinvio la condanna inflitta ad Amodio Ferriero per il tentato omicidio e al figlio per quanto concerne l’accusa associativa. Per gli altri coimputati il verdetto è stato invece sostanzialmente confermato. La sentenza d’appello per gli imputati nel processo “Antemio” era stata pronunciata a giugno scorso. Pene confermate per 11 imputati mentre per gli altri sette la pena era stata riformulata. Rispondevano a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, voto di scambio, tentata estorsione, danneggiamento e ricettazione. Teresa Puca, figlia del boss e suo marito Angelo Guarino erano stati assolti per non aver commesso il fatto. Rideterminazione della pena invece per Salvatore Saviano a 2 anni, 6 mesi e 20 giorni, per Giuseppe Di Domenico che in continuazione aveva rimediato 9 anni. Sconto anche per Antimo Puca al quale vennero inflitti 9 anni e 2 mesi. Accolto l’appello del pm, invece, per Antimo Petito che rimediò 7 anni e per Amodio Ferriero, elemento di spicco del clan Puca, condannato a 10 anni. Conferma della pronuncia dell’abbreviato dì settembre 2021 per Armando Angelino a 4 anni, 5 mesi e 10 giorni, Michele Battista a 4 anni, Pietro Ciccarelli a 4 anni, Vincenzo D’Aponte, imprenditore di Sant’Antimo a 6 anni e 8 mesi, Antonio Ferriero 6 anni e 8 mesi. Stefano Fantinato anni e 2 mesi. Giuseppe Garofalo a 10 anni e 8 mesi, Antonio Iorio a un anno, 3 mesi e 10 giorni, Claudio Lamino, oggi collaboratore di giustizia a 8 mesi, Pasquale Maggio a 2 anni e 8 mesi e Luigi Schiavone a 4 anni di reclusione. Tra i protagonisti dell’indagine comparivano, oltre ai volti noti della camorra di Sant’Antimo, anche i fratelli Cesaro. Per tutti l’imputazione era a vario titolo quella di concorso esterno: duque nessuna accusa associativa. Antimo Cesaro, attraverso la gestione del centro polidiagnogistico “Igea”, avrebbe realizzato secondo i pm una società occulta con Pasquale Puca, consentendo a quest’ultimo di reimpiegare i proventi delle attività illecite e ottenendo di riflesso «protezione da ogni interferenza ambientale », così da «operare in totale tranquillità nelle ulteriori iniziative imprenditoriali intestate ai fratelli Aniello e Raffaele. Contestazione analoga viene poi mossa nei confronti di Aniello e Raffaele Cesaro: in questo caso la “schermatura” sarebbe però avvenuta attraverso l’acquisto e la successiva edificazione del centro commerciale “Il Molino”. Luigi Cesaro, sempre secondo la linea della Procura, avrebbe invece fatto da interfaccia prima con Pasquale Puca, poi con il figlio Lorenzo e con l’ex consigliere comunale Francesco Di Lorenzo, nei rapporti tra il clan e la politica locale. L’“interferenza” sarebbe avvenuta in particolare in occasione delle Amministrative tenutesi a Sant’Antimo nel 2007 e più di recente in quelle del giugno 2017. A processo con il dibattimento, la sentenza per loro è attesa per l’inizio del mese prossimo.
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