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Porti, Napoli ponte verso il Mediterraneo

Deandreis: «È attraverso lo shipping, la portualità e la logistica che si muove l’attività di import ed export delle imprese»

Intesa Sanpaolo

Massimo Deandreis

NAPOLI. Dipendono sempre più dal mare le relazioni commerciali del sistema produttivo napoletano. Se così non fosse la città non sarebbe connessa e proiettata verso i mercati mondiali. Il porto di Napoli sta raggiungendo risultati significativi, oggi è però è congestionato ed ha raggiunto il suo picco in termini di capacità. In crescita anche Salerno, leader soprattutto nei traffici contenitori e ro-ro (con Napoli oltre 55mila Teu trasportati, pari all’1,4% del totale Italia), nonostante la fase critica dell’interscambio globale per il fenomeno bellico nel mar Rosso. I dati di Srm, Centro studi napoletano collegato con Intesa Sanpaolo, parlano chiaro: le imprese napoletane e regionali realizzano la metà del loro import/export via mare (55%) e per il porto di Napoli transita circa il 60 per cento dei prodotti manifatturieri. Per gli analisti di Srm, sull’area euro-mediterraneo si sta giocando una parte della competizione globale e Napoli può essere la testa di ponte per i traffici a medio e lungo raggio diretti verso il Nord Europa.

La nuova sfida resta pertanto non solo la sua centralità nel Mare Nostrum ed il suo posizionamento di transito delle merci, ma anche di passaggio dell’energia, come ha sottolineato Massimo Deandreis, direttore generale Srm (Centro studi legato ad Intesa Sanpaolo), nell’illustrare il Rapporto 2024 sui nuovi scenari del settore marittimo nell’area Euro-Mediterranea. «Napoli e la Campania sono uno dei pilastri su cui si regge l’insieme del sistema produttivo locale e nazionale. È attraverso lo shipping, la portualità e la logistica che si muove l’attività di import ed export delle imprese per un Pil regionale di circa il 5 per cento (10% di quello italiano). Inoltre questo settore -ha sottolineato Deandreis-  guida il processo di transizione energetica. I porti, infatti, stanno sempre più diventando degli hub energetici, mentre lo shipping con la sfida dei carburanti alternativi e la logistica attraverso l’intermodalità, stanno stimolando gli investimenti green. Tutti aspetti che toccano rilevanti interessi strategici e costituiscono l’opportunità di affermare il ruolo del Mezzogiorno, con Napoli e Salerno protagonisti, al centro del Mediterraneo». L’imperativo strategico per i porti di Napoli e Salerno è pertanto diventare green.

«La globalizzazione è in una fase di regionalizzazione dopo la guerra e la pandemia, è aumentata l’attenzione alla sostenibilità con questioni ambientali, rinnovamento delle flotte e infrastrutture portuali», rilevato Alessandro Panaro, responsabile Maritime&Energy di Srm. «Il porto di Napoli dovrà pertanto attrezzarsi elettrificando le banchine. Se le navi non troveranno lo scalo attrezzato, le navi sceglieranno altri siti, con la perdita dei traffici». L’altro aspetto, secondo Panaro, sono gli investimenti sostenibili. L’adozione dei carburanti alternativi progredisce a ritmi veloci,  si stima che la percentuale della nuova flotta raggiungerà il 25 per cento al 2030.  «Il 50,3 per cento di tutti gli ordini a luglio 2024 in Italia è relativo a navi che utilizzano combustibili alternativi, una scelta che è determinante per la competitività del porto di Napoli». Giuseppe Nargi, direttore regionale Intesa Sanpaolo, ha affermato, chiudendo i lavori, che il gruppo bancario è l’unico ad avere un centro studi specializzato su queste tematiche. «E questo ci consente di sostenere gli operatori del settore e di sostenere la Zes Unica per il Mezzogiorno e le Zone logistiche semplificate per il Centro-Nord che adesso hanno a disposizione di un plafond di 10 miliardi di euro dedicato ai finanziamenti del sistema industria-porti-logistica».

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